Tennis

Perché Nadal non deve mai sentirsi sazio?

By 14 Giugno 2017Maggio 17th, 2019No Comments

Su “Tennis World” ho scovato una storia interessante. La racconta Toni Nadal, zio-coach di Rafael Nadal. Quando suo nipote, ancora studente, vinse i campionati spagnoli all’età di undici anni, Toni – per lavorare sulla sua mente e farlo rimanere coi piedi per terra – ha chiamato la federazione spagnola chiedendo di avere la lista dei campioni delle 25 passate edizioni del torneo. Poi ha iniziato a elencare i nomi a Rafa, molti dei quali erano sconosciuti.

“Conoscevamo solo cinque nomi su 25 – racconta Toni – Gli ho detto che questa era la possibilità che aveva. Solo il venti per cento era diventato famoso”. Quando Rafael ha vinto il primo Roland Garros, lo zio-coach ha fatto la stessa cosa. ”Ho detto a Rafael che è difficile migliorare quando sei completamente soddisfatto di ciò che hai fatto. Se non hai più stimoli, la tua carriera non cresce. Dobbiamo cercare di migliorare ogni anno, e a volte può anche non essere sufficiente”.

La storiella casca a fagiolo perché Nadal – vincendo il suo decimo Roland Garros, risultato sportivamente incredibile – dimostra di non essersi mai sentito appagato in tutti questi anni. Una “Decima” che per la sua mente non dovrebbe rivestire un significato differente rispetto ai successi precedenti. Infatti, solo se Rafa continuerà a macinare questa smisurata fame di vittorie, potrà sperare di vincere anche a Wimbledon, nonostante l’erba sia fatale per i suoi dolori al ginocchio. Se iniziasse invece a sentirsi sazio di trofei, l’energia necessaria per restare ai vertici rischierebbe di finire in riserva.

Non ditelo a Rafael, ma diversi commentatori hanno paragonato questa impresa (dieci vittorie sulla terra rossa di Parigi, record mai riuscito a nessun tennista) ad alcuni gesti epici della storia sportiva. Roba del livello di Bob Beamon, l’americano che con otto metri e novanta vinse l’oro nel salto in lungo ai Giochi di Città del Messico nel 1968, battendo il record mondiale di 55 centimetri. Ancora oggi quel salto nel futuro è record olimpico e seconda miglior misura di sempre, superato solo, ventitré anni dopo, da Mike Powell che sconfisse Carl Lewis in un duello tutto Usa, nella gara più bella di sempre nella storia del salto in lungo, ai Campionati Mondiali di Tokyo nel 1991.

Tornando al nostro Nadal, Carlos Moya – il coach che da fine 2016 lavora nel team del campione spagnolo – ha spiegato alla Gazzetta dello Sport quali siano gli ingredienti del talento di Rafa, uno dei giocatori più forti di sempre. “Innanzitutto la sua fame di vittoria – dice – e la volontà di migliorarsi costantemente. A questo va aggiunta la fiducia riacquistata dopo lo stop di sei mesi per infortunio e la grande dedizione che applica nella preparazione. A volte esagera, Nadal non ha più vent’anni e dovrebbe cambiare l’impostazione degli allenamenti!”.

Nella sfera dei cambiamenti, necessari a foraggiare la sua resilienza, ci sono anche modifiche tecniche. Nadal gioca ora con una racchetta più pesante che esprime maggiore potenza, ha migliorato il rovescio e la seconda di servizio. Ha cambiato il suo gioco e sta affrontando gli avversari in modo più aggressivo, stando più vicino alla riga di fondo. È un Nadal diverso. “Devi recuperare il dritto – gli ha detto il suo coach a inizio stagione – devi colpirlo più forte, devi migliorare il servizio. Devi cambiare perché la vita è cambiata e il gioco è sempre più veloce anno dopo anno”. Lo zio Toni gli ha anche detto che doveva modificare il suo volto, la sua espressione in campo. “Non conta se hai problemi o meno. Devi essere competitivo in ogni torneo! Basta pensare agli infortuni, al polso, alle ginocchia. Mai mollare, solo questo conta”.

Chi lo conosce bene, sa che non mollerà, almeno finché le ginocchia glielo consentiranno. La sua identità di campione ruota intorno a due semplici parole: radici e resilienza. Radici perché l’albero continua a essere saldo, nonostante gli anni passino e gli infortuni si facciano sentire. Resilienza invece come elisir di lunga vita, flessibile e in grado di cambiare se stesso, il proprio gioco, la propria strategia mentale e agonistica.

È sempre lo zio-coach a spiegare alla stampa un retroscena. “È una questione di sforzo e dedizione. Venivamo da due anni duri, soprattutto il 2015 pieno di dubbi e ansia. E nel 2016 per me Rafael era il massimo favorito per vincere il titolo a Parigi, poi si è infortunato ritirandosi. Dicevano che fosse finito, che non sarebbe tornato a vincere, e ora è molto in alto”.

Anche qui Nadal dimostra di essere un campione mentale, prima che ancora che un super-maratoneta. La sua testa non ha voluto sentire la parola “fine”, le sue gambe hanno continuato a correre. Questo grazie anche a un’auto-immagine che lavora sulla leva del dolore (Rafa non vuole finire come altri campioni del tennis, che a fine carriera hanno intaccato la propria reputazione) e a un bisogno d’importanza che lo tiene sempre vivo. Quanto può essere motivante sentirsi acclamati dal Re di Spagna Juan Carlos di Borbone in persona, e soprattutto da Nicole Kidman, madrina del Roland Garros, sorridente e incoraggiante dagli spalti?

Alessandro Dattilo

Alessandro Dattilo

Giornalista, storyteller, blogger, formatore, ghostwriter. Aiuta aziende e professionisti a raccontare la loro storia, a trasferirla sul web, a farla diventare un libro. Tiene seminari su Brand Journalism e Scrittura Efficace per il Business. Oggi è Senior Content Manager per Roberto Re Leadership School e Stand Out – The Personal Branding Company e docente del programma HRD – Da Manager a Leader. Fondatore di TorinoStorytelling e RomaStorytelling, ha scritto e parlato per quotidiani nazionali, network radiofonici e tv locali. Sul web ha lavorato come consulente editoriale e content manager per il Gruppo Enel, Ferrovie dello Stato, Treccani, Ferpi, Fastweb, Reale Mutua, Comin & Partners e molti altri. Per Mondadori ha pubblicato nel 2014 il libro "Scrittura Vincente", una guida pratica su come usare la parola scritta per raggiungere più facilmente i propri obiettivi in campo aziendale, commerciale, professionale.

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