Tennis

L’identità vincente dell’immenso Roger Federer

By 31 Gennaio 2017Maggio 20th, 2019No Comments

Brevemente la cronaca. Huffington Post sintetizza così: “La testa, il cuore, la pazienza, il talento, le lacrime. Ci sono attimi che possono durare una vita, ma bastano tre ore e trentotto minuti per trasformare un mito in una leggenda: quella di Roger Federer”.


Eh sì, perché a quasi trentasei anni il gentleman del tennis si riprende la scena alla sua maniera, con la classe che lo ha reso unico in un ventennio di sudore e racchette: davanti ai 15mila impazziti della Rod Laver Arena il campione svizzero vince gli Australian Open, il suo diciottesimo slam in carriera, battendo nella finale che nessuno avrebbe mai immaginato il rivale di sempre, Rafa Nadal, un altro sopravvissuto. “Una sfida che sapeva di storia ancora prima di essere giocata – continua Huffington Post – e le aspettative non sono state deluse: cinque set di equilibrio e agonismo puro e il punteggio (6-4, 3-6, 6-1, 3-6, 6-3) che fissa il nome di King Roger tra i più grandi di sempre, ma non solo del tennis”.

Grazie alla mente e alla propria tenacia, Federer vince contro Nadal in un match da leggenda. E già qui possiamo iniziare a intravedere alcuni elementi che interessano chi, come te, si appassiona al coaching sportivo. Da un lato va registrato il fatto che lo svizzero non ha mai voluto smettere di imparare, di apprendere, di perfezionarsi. Durante il match non ha mai perso la fiducia, neanche quando è andato sotto nel punteggio. In genere, nello sport come nella vita, una persona che sviluppa solide credenze riguardo alla propria identità, si comporta così. Roger sa bene che i suoi standard sono elevati, ma coltiva ugualmente un certo margine di umiltà, di apertura al miglioramento continuo. Anche dopo vent’anni di carriera.

Altro punto, a proposito di standard. Federer e Nadal si sono sempre esaltati a vicenda durante le numerose sfide giocate, alzando reciprocamente ognuno i limiti dell’altro: dimostrazione che gli avversari ti possono rendere migliore..!! È come se in certi passaggi della loro storia, sia lo spagnolo che lo svizzero avessero uno bisogno dell’altro, alternandosi nel ruolo dell’eroe e dell’antagonista.

Va detto che madre natura, e probabilmente l’educazione ricevuta nel proprio ambiente familiare, hanno reso Federer più simile all’eroe “buono”, dai modi gentili, con la moglie sempre gratificata e portata in primo piano, con un dettaglio familiare (due coppie di gemelli!) perfetto per le riviste di gossip non aggressivo. Nadal spesso ha rivestito i panni dell’eroe “cattivo”, forse per via della sua fisiologia più aggressiva, dei suoi capelli lunghi e della faccia da Indio. Un eroe-antagonista (Nadal) mancino, dalle fattezze un po’ selvagge, con una passione mai nascosta per il calcio – sport di contatto maschio con l’avversario, a differenza del tennis – e con apparizioni mondane (celebre la sua presenza nel video musicale Gypsy, abbracciato alla conturbante cantante colombiana Shakira!). Federer insomma, se facciamo un paragone con Borg-McEnroe, storica coppia di rivali, ha da sempre assunto la parte del primo, più “regolare” nei comportamenti rispetto al bizzoso McEnroe (anche lui mancino come Nadal).

Più nel dettaglio. Il dialogo interno del campione svizzero sarà di certo ricco di domande potenzianti (“cosa posso fare da subito per recuperare questo break di svantaggio?”), piuttosto che di interrogativi negativi e inefficaci (“perché oggi non mi riesce proprio nulla..?”). Insieme alla domande, Federer ha di certo immagazzinato a livello mentale una serie di incantesimi positivi (“quando mi attacca sul rovescio, ho la forza e le capacità per infilarlo con un passante!”), utili nei momenti di pressione del match.

In quest’ambito, lavorando con un mental coach – estremamente necessario essendo il tennis uno sport di grande concentrazione – si sviluppano una serie di modalità visive (ma anche uditive e cinestesiche) che esaltano i propri punti di forza e sminuiscono l’efficacia di quelli dell’avversario. Federer focalizzerà le sue armi migliori e le userà per mantenere vivo il racconto in tempo reale della sua storia, attingendo a quei piccoli momenti di svolta, a quei dettagli spesso insignificanti, che gli hanno permesso in passato di battere Nadal. È come aprire un varco in una roccia partendo da uno spillo: si fa un buco prima piccolo, poi insistendo con energia lo si allarga fino a intravedere una luce, uno spiraglio, uno spazio in cui far entrare la propria “spada” vincente.

Federer è un grande campione mentale perché sa sempre chi è veramente, cosa vuole e come ottenerlo. E sa anche molto bene che, esprimendo tutto se stesso, non avrà nulla da rimproverarsi. Una prova fantastica di tutto questo è la frase pronunciata dal campione svizzero durante la premiazione, dopo la gara in Australia vinta contro lo spagnolo. “Con Nadal avrei anche perso e sarei stato felice comunque – ha detto con la coppa stretta tra le mani – il tennis è uno sport difficile, stavolta mi sarei accontentato del pari…”. Chapeau!

Alessandro Dattilo

Alessandro Dattilo

Giornalista, storyteller, blogger, formatore, ghostwriter. Aiuta aziende e professionisti a raccontare la loro storia, a trasferirla sul web, a farla diventare un libro. Tiene seminari su Brand Journalism e Scrittura Efficace per il Business. Oggi è Senior Content Manager per Roberto Re Leadership School e Stand Out – The Personal Branding Company e docente del programma HRD – Da Manager a Leader. Fondatore di TorinoStorytelling e RomaStorytelling, ha scritto e parlato per quotidiani nazionali, network radiofonici e tv locali. Sul web ha lavorato come consulente editoriale e content manager per il Gruppo Enel, Ferrovie dello Stato, Treccani, Ferpi, Fastweb, Reale Mutua, Comin & Partners e molti altri. Per Mondadori ha pubblicato nel 2014 il libro "Scrittura Vincente", una guida pratica su come usare la parola scritta per raggiungere più facilmente i propri obiettivi in campo aziendale, commerciale, professionale.

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