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Mirko Nicoli, quando la mente fa il lavoro del corpo

By 12 Giugno 2019Maggio 24th, 2022No Comments

Doppia intervista a Mirko Nicoli, atleta della nazionale italiana di Paracanoa, e a Paolo Valli, il mental coach che lo ha aiutato ad arrivare terzo agli europei e a qualificarsi per prossimi i mondiali in Ungheria.

Il suo obiettivo è partecipare alle Paralimpiadi di Tokyo 2020. A distanza di tre anni dal terribile incidente, se guardiamo ai risultati raggiunti (dal punto di vista mentale, clinico e sportivo), non sembrano esserci dubbi sul fatto che ce la farà. Per Mirko Nicoli – atleta della nazionale italiana di Paracanoa per la disciplina Va’a – un grande passo verso la realizzazione del suo sogno è arrivato a fine maggio, agli europei di Poznan in Polonia, quando ha conquistato la medaglia di bronzo giungendo terzo al traguardo!

“Come ci si sente a rappresentare l’Italia all’estero? Ci si sente onorati, o almeno per me è così. È la gratificazione per gli allenamenti sostenuti e per le rinunce fatte per ottenere risultati migliori. Indossare la maglia della nazionale ha anche un peso psicologico non indifferente per la responsabilità che porta”.

Mirko, bergamasco di Gorlago, classe 1985, è un ragazzo che nell’aprile del 2016 ha subìto un grave incidente motociclistico (“ero in moto, rientravo dal lavoro, era molto buio e sono finito fuori strada”). Per salvarlo i medici sono stati costretti ad amputargli la gamba destra. Ma la voglia di lottare e sopravvivere è stata più forte del dolore e dello sconforto: nel percorso di risalita, insieme all’imprescindibile supporto di famiglia e amici, l’alleato più importante è stato lo sport, un elemento prezioso che ha permesso a Mirko di lottare per superare le difficoltà che avevano cambiato la sua giovane vita. Dopo aver provato diverse discipline paralimpiche, dalla corsa al basket in carrozzina, fino al tiro con l’arco, la scelta finale è ricaduta sulla canoa.

“Dopo l’incidente ho pensato che spesso dalle difficoltà nascono nuove opportunità, che era il significato da dare a quest’esperienza: la possibilità di poter ripartire da zero e costruire qualcosa di indelebile. Dopo aver seguito le Paralimpiadi in onda proprio in quel periodo, ho deciso di farlo attraverso lo sport. Prima mi avevano proposto la scherma, molto in auge grazie a Bebe Vio. Poi avevo tentato con il lancio del peso. La scelta della canoa è stata quasi casuale, anche perché era una disciplina che potevo iniziare a praticare da subito, non è necessario avere entrambe le gambe per stare in barca… Due mesi dopo aver perso la gamba sono entrato in canoa per la prima volta: è stato un amore a prima vista! All’epoca ho imparato a utilizzare la pagaia prima della protesi per camminare, quindi l’idea che potessi muovermi in piena libertà mi ha fatto innamorare di questo sport. Poi la bellezza di poter svolgere attività all’aria aperta ha dato un tocco in più…”.

Le sensazioni iniziali sono state contrastanti: se da una parte Mirko era felice perché poteva impegnarsi in qualcosa senza dover utilizzare le gambe, dall’altra si sentiva in difetto per la mancanza di tecnica. “Ma la voglia di riscatto è stata più forte di qualsiasi altra cosa – spiega – e la canoa ha rappresentato la mia rivalsa nei confronti della vita e di ciò che mi ha tolto. Grazie allo sport ho potuto affrontare la nuova condizione fisica: devo ringraziare la sapiente guida dei tecnici dell’Idroscalo Club di Milano, che hanno creato per me un programma di allenamento ad hoc”.

Dopo aver cominciato il suo percorso con il kayak, Mirko si specializza nella disciplina del Va’a, detta canoa polinesiana, imbarcazione che si distingue dal kayak per la presenza di un galleggiante (lama) posizionato a lato dello scafo e per l’uso della pagaia mono-pala. “Il mental coaching? Mi ha sempre incuriosito l’aspetto psicologico della vita. Nello sport ho visto che la preparazione fisica non basta per ottenere il massimo della prestazione. A dire il vero, prima di lavorare con Paolo Valli avevo già avuto una breve esperienza di mental coaching, ma non mi aveva dato i risultati sperati, anzi per un po’ mi aveva allontanato dall’idea di cercare supporto nell’allenamento mentale… Quando poi mi sono trovato in difficoltà nel gestire alcuni miei atteggiamenti di rabbia e nervosismo in allenamento, ho deciso di riprovarci. Con lui le cose sono andate diversamente. Da quando ho iniziato a lavorare con Paolo riesco a gestire meglio tutto il lavoro di preparazione, arrivo alle gare più focalizzato e gestisco la prestazione in modo più lucido, evitando molti inconvenienti dovuti all’ansia o alle distrazioni poco utili“.

Paolo Valli – fisio mental coach, autore del libro “La tua svolta al dolore – ha iniziato a lavorare con Mirko tra fine 2018 e inizio 2019. “Paolo – prosegue Mirko – mi ha aiutato a diventare un atleta. Prima di iniziare a lavorare con lui mi sono allenato per due anni da solo, seguendo principalmente il mio istinto e facendo affidamento su qualche allenatore che però non ha voluto investire tempo su di me. Grazie a Paolo ho iniziato a prendermi cura del mio corpo, partendo dalla nutrizione. Poi mi ha dato le basi per una preparazione atletica per il rinforzo muscolare e articolare. Infine la scoperta dell’enorme influenza che ha la mente nel creare stati fisici ed emotivi potenzianti”.

Paolo Valli sport mental coach sport power mind golden coach

Grazie anche al mental coaching e al lavoro con Valli, Mirko Nicoli ha migliorato alcuni aspetti della sua attività. “Principalmente la concentrazione nel pre-gara e la gestione mentale della fatica. La mia specialità è lo sprint nella distanza di 200 metri. Esprimere la miglior prestazione porta il corpo ad arrivare il prima possibile al picco massimo di velocità e a mantenerlo per tutto il percorso. Una conferma della capacità di concentrarmi è arrivata agli europei in Polonia, quando la sera prima della gara avevo mille cose per la testa. Poi ho pensato a tutto il lavoro che avevo fatto per arrivare lì, alle raccomandazioni della mia allenatrice e del mio mental coach, e sono riuscito a focalizzarmi solo sulla prestazione, pensando a dare il meglio. E così è stato!”.

Ora in agosto ci sono i mondiali in Ungheria, una sfida ancora più esaltante, arrivata grazie all’ottima prestazione agli europei. “Per l’Ungheria dovrò lavorare sodo. Osservando il livello dei miei avversari durante le gare in Polonia, ho capito meglio i miei punti di forza e quelli dove devo migliorare. Per strappare una qualifica per Tokyo 2020 dovrò rientrare nei 6 migliori e per farlo dovrò mantenere il trend di crescita che ho avuto in questi mesi. Per ora l’unica cosa che vedo è che ho un gap di 2 secondi dal primo, che dovrò colmare o per lo meno ridurre. Le Paralimpiadi di Tokyo 2020? Sarebbe una gratificazione immensa, per me e per tutte le persone che mi stanno vicino e mi supportano. Per ora mi focalizzo sul mondiale, agosto è dietro l’angolo”.

Il mental coach Paolo Valli racconta il suo lavoro con Mirko Nicoli

“Mirko ha molti pregi e alcuni difetti – spiega direttamente Paolo Valli – nel coaching si deve lavorare per potenziare questi pregi, che costituiscono dei veri e propri punti di forza, e per contenere o rivedere eventuali difetti, se questi creano interferenza nel raggiungimento degli obiettivi. Tra i punti di forza di Mirko ci sono la caparbietà e la capacità di ascoltare e applicare concretamente, in allenamento e in gara, il lavoro che svolgiamo in sessione. Mirko è partito con un obiettivo molto chiaro (che qualcuno ha letto come un sogno irraggiungibile o un capriccio): partecipare alle Paralimpiadi. Ha messo tutto se stesso in questa sfida e ha superato momenti difficili e di sconforto, ma non ha ceduto. Dimostrando che la forza di volontà è il carburante essenziale di ogni percorso importante. Mirko è stato anche capace in tempi rapidissimi di far fruttare il lavoro insieme e di cambiare nettamente il proprio atteggiamento ottenendo risultati davvero apprezzabili”.

La condizione iniziale non era delle più favorevoli: come detto, Mirko veniva da una precedente esperienza di coaching vissuta in modo non positivo, che aveva creato in lui una sorta di diffidenza circa il lavoro di mental coaching. Spiega Valli: “Per questo motivo non sono entrato a gamba tesa con lui. Mirko veniva nella nostra struttura per la parte di preparazione atletica e fisica; sapeva di me e di quel che facevo come mental coach, ma per un po’ ho letto in lui un certo distacco su questo aspetto. La sua richiesta si è manifestata parecchio tempo più tardi, quando si è trovato nella situazione di dover gestire la rabbia e il nervosismo in allenamento: ogni volta che qualcosa non andava o non gli riusciva come da programma, si arrabbiava e imprecava, tanto da subire richiami dai tecnici e un conseguente impatto negativo sulla resa sportiva. Ora questo accade molto raramente; è più concentrato, focalizzato all’obiettivo, più capace di dare importanza ai dettagli che contano ed eliminare ciò che crea inerzia. Da questo che è stato il punto di partenza è nata una vera alleanza tra noi e abbiamo pian piano lavorato su tantissimi aspetti”.

Sappiamo che visualizzando e analizzando condizioni di allenamento o di gara, si riescono a cogliere dettagli e stati d’animo (utili e non utili), si creano schemi per mettere a punto correzioni e ottenere la miglior riuscita della prestazione. Chiediamo a Paolo quali siano le modalità di lavoro più efficaci per Mirko. “Direi le visualizzazioni e il reframing – dice Valli – Il reframing è un processo per analizzare una situazione, una credenza o una convinzione limitante, che viene destrutturata (deframing) e ristrutturata con un nuovo significato. Un esempio? Prima di partire per gli europei Mirko era preoccupato di non essere preoccupato: di fatto non si sentiva agitato per l’imminente e importante impegno sportivo in Polonia. Questo gli creava ansia, quasi un gioco contorto. Insieme abbiamo analizzato la situazione attuale e quella passata. Attraverso il processo, Mirko si è reso conto di essere in una condizione psico-fisica ottimale caratterizzata dal fatto che si stava allenando intensamente e bene, che stava vedendo notevoli progressi e che, soprattutto, quello che stava facendo gli piaceva e lo faceva divertire nonostante la fatica. Questa, in realtà, è una condizione ideale che nel coaching definiamo di sincronia, dove mente, corpo e ambiente sono in perfetta connessione (nel qui e ora). Creando armonia tra pensiero e azione, si elevano le potenzialità eliminando l’ansia e le preoccupazioni legate ai risultati. Ciò ha permesso a Mirko di dare un nuovo significato al suo essere tranquillo, potenziando ulteriormente la sua focalizzazione”.

Pensando a un atleta disabile, alla sua identità e alle possibili credenze depotenzianti, chiediamo a Paolo che differenza esista nell’allenare mentalmente una persona che ha subìto un trauma del genere. “Il percorso di elaborazione del trauma che ha condotto alla disabilità non è un processo semplice, perché si è di fronte a una menomazione che cambia radicalmente la vita della persona. Non stiamo parlando di un semplice trauma sportivo da cui usciamo più o meno indenni dopo un adeguato programma di recupero fisico. Nella disabilità, soprattutto quella acquisita, si ha a che fare con un forte senso di ingiustizia subita, a volte il senso di colpa, la non accettazione della nuova condizione e tutta una serie di altri aspetti che devono necessariamente essere considerati, soprattutto nelle prime fasi dal trauma che, di norma, sono il periodo di maggiore criticità. E non tutti reagiscono allo stesso modo. Nello sportivo disabile, in realtà, le cose cambiano un po’: spesso la scelta di dedicarsi allo sport (o di adeguare la propria disciplina qualora la persona fosse già uno sportivo) diventa il motivo di riscatto verso il torto subito. Se l’atleta disabile sceglie di fare sport, vive in pieno la propria identità e, per contro, la sua difficoltà fisica diventa il nuovo motore che offre alla persona nuova spinta e apre prospettive. Nell’allenamento mentale non c’è grande differenza tra un atleta normodotato e uno con disabilità: solo piccoli particolari in fase d’esecuzione, così come quando si adeguano dettagli e tecniche a discipline diverse”.

La chiusura dell’intervista è dedicata all’ambiente che circonda l’atleta, ai condizionamenti che tendono a compatirlo. “Anche qui – conclude Paolo Valli – non amo fare differenza tra disabile e non. La tendenza al compatimento è un po’ insito nelle persone, non lo si fa né per cattiveria né per zelo, è così. L’importante è distinguere tra una compassione sana, che preferirei definire sponsorship e che riconosce l’impegno e la voglia di arrivare, e le manifestazioni di compatimento negativo, come per dire: Poverino, provaci. Quest’ultimo atteggiamento Mirko ha imparato a farselo scivolare addosso e a fare ricchezza di chi crede veramente in lui. Semplicemente riconoscendo l’inutilità o la forza che possono dare i due diversi modi di porsi delle persone. Come a tutte le cose non utili, va dato il giusto peso e la giusta dimensione. Il ruolo della famiglia in questa sfida? Fondamentale. Ciascuno, con le proprie modalità e il proprio temperamento, può costituire elemento di sostegno o diventare un’interferenza nel percorso di un atleta. Se famigliari o persone care NON credono fino in fondo in ciò che si sta facendo, non lo condividono o addirittura trovano motivi di disarmonia, prima o poi emergeranno atteggiamenti o comportamenti in grado di sabotare il raggiungimento dell’obiettivo. In conclusione il mental coach deve saper lavorare anche su questo, principalmente con l’atleta. Ma se necessario anche con i familiari”.

Alessandro Dattilo

Alessandro Dattilo

Giornalista, storyteller, blogger, formatore, ghostwriter. Aiuta aziende e professionisti a raccontare la loro storia, a trasferirla sul web, a farla diventare un libro. Tiene seminari su Brand Journalism e Scrittura Efficace per il Business. Oggi è Senior Content Manager per Roberto Re Leadership School e Stand Out – The Personal Branding Company e docente del programma HRD – Da Manager a Leader. Fondatore di TorinoStorytelling e RomaStorytelling, ha scritto e parlato per quotidiani nazionali, network radiofonici e tv locali. Sul web ha lavorato come consulente editoriale e content manager per il Gruppo Enel, Ferrovie dello Stato, Treccani, Ferpi, Fastweb, Reale Mutua, Comin & Partners e molti altri. Per Mondadori ha pubblicato nel 2014 il libro "Scrittura Vincente", una guida pratica su come usare la parola scritta per raggiungere più facilmente i propri obiettivi in campo aziendale, commerciale, professionale.

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