CalcioPillole di coaching

Dybala e Donnarumma, calciatori travolti dal successo

By 15 Dicembre 2017Maggio 24th, 2022One Comment

Un’immagine simile a quella di zio Paperone – solo, chiuso nella sua fortezza, circondato dal denaro che NON riesce a dare felicità – si sta sovrapponendo al volto triste e desolato di giovani campioni del pallone, come Gigio Donnarumma e Paulo Dybala, rispettivamente portiere del Milan (e vice-Buffon in Nazionale) e attaccante argentino della Juventus campione d’Italia.

Negli ultimi giorni questi due fenomeni sono entrati in un cono d’ombra mediatico. Dal punto di vista del coaching sportivo, la vicenda richiama il nostro interesse: quando due talenti del genere iniziano a ingripparsi psicologicamente per vicende estranee al rettangolo di gioco, la via d’uscita è quasi sempre mentale.

Ecco come Repubblica riassume il “dramma” del numero uno rossonero: “Donnarumma era quasi in lacrime al termine del riscaldamento di ieri a San Siro: tremenda per chiunque, a maggior ragione per un ragazzo 18enne, l’accoglienza degli ultrà che hanno contestato il giovane portiere dopo la nuova puntata della querelle tra Raiola e Milan, tornata d’attualità dopo la scoperta di mail indirizzate all’ufficio legale rossonero per chiedere l’annullamento del contratto per violenza morale. Bonucci lo ha rincuorato negli spogliatoi prima del calcio d’inizio. Molti compagni lo hanno abbracciato sul campo per fargli coraggio. A fine partita Donnarumma ha allargato le braccia sconsolato girandosi verso i tifosi del settore opposto che lo insultavano attaccati alla balaustra. Facile immaginare lo stato d’animo di un giocatore al centro della scena mediatica da mesi con un copione nel quale sono coinvolti anche i familiari”.

E a Dybala, che succede? Dopo un inizio stagione fantastico (con reti decisive in campionato e Champions League), il giovane argentino si è spento. Sia nell’umore e sia nelle giocate fulminanti. Rigori sbagliati, voci di problemi fuori dal campo, il mister Allegri che lo tiene in panchina. Per uno che giornalisticamente era stato paragonato a Leo Messi, la caduta verticale è stata fragorosa! “Il più delle volte – ha dichiarato Dybala in una recente intervista – un calciatore famoso è un uomo molto solo. Quando abbiamo un pallone tra i piedi, siamo felicissimi. Quello che succede dietro, nel retropalco, spesso non è proprio bellissimo“. Dichiarazioni che arrivano in un momento nel quale l’argentino sembra avere smarrito il suo talento. La Juventus ha affidato la sua reazione a Pavel Nedved che ha spronato Dybala a “fare sacrifici nella sua vita privata”, posizione condivisa da Gigi Buffon. Potenzialmente due altri macigni sull’umore del numero 10 bianconero.

Il problema per entrambi non è solo la miniera abnorme di denaro – che ti spinge involontariamente a guardare tutti dall’alto in basso – ma è anche il passaparola negativo che si crea nell’ambiente circostante, specialmente quando questo arriva dal cosiddetto “fuoco amico”, ovvero dagli stessi tifosi che dovrebbero difenderti dagli attacchi. L’opinione pubblica che non perdona chi produce guadagni milionari.

In mezzo ci sta il comportamento spesso opaco delle società, dei dirigenti che strizzano l’occhio contemporaneamente a tifosi, procuratori e giocatori stessi, cercando di mantenere un equilibrio da acrobati per evitare di deludere sia i compagni di squadra del suddetto talento, e sia l’allenatore che sta al fronte verso l’universo mondo e a cui tocca (per contratto) prendersi carico delle patate bollenti.

Un groviglio che non aiuta a restare lucidi con la testa, ad allenarsi con la mente focalizzata verso l’unico obiettivo: quello di arrivare al massimo della forma in campo, di dare tutto per la vittoria della propria squadra. Come ogni essere umano, ragazzi in erba dell’età di Paulo e Gigio raggiungono un equilibrio psicofisico solo quando soddisfano i bisogni fondamentali. Tra i quali quello della sicurezza (essere certi di avere il gradimento dell’allenatore, dei compagni e dei propri tifosi), di importanza e di amore, inteso come empatia con un mondo che è mille volte più pervasivo di un qualunque ambito lavorativo.

Solo se un mental coach – o qualcuno che svolga un ruolo simile – riesce a tranquillizzare i campioni sotto questo aspetto, possono trovare spazio gli altri due bisogni in grado di rilanciare le performance: ovvero quelli legati alla crescita personale (traguardi, riconoscimenti, guadagni) e al contributo “sociale” (sentirsi d’esempio per i bambini che seguono il calcio, vedere che la propria squadra taglia traguardi grazie alle loro gesta positive!).

Il lavoro sulle credenze è primario, nel caso di recupero mentale di giovani sportivi in crisi. Dybala e Donnarumma devono sentirsi protetti da qualcuno intorno a loro che fa da filtro rispetto a tutto ciò che pensa la gente, che li aiuta a ristrutturare certe convinzioni generali. Altrettanto lavoro va fatto sulle credenze legate all’identità (Donnarumma che viene dipinto come avido, Dybala come egoista che guarda i compagni dall’alto in basso) e sulle regole che ogni team deve rendere esplicite ai suoi appartenenti.

Infine, da non trascurare il training sulla Fisiologia (evitare, sebbene non sia facile, gli atteggiamenti da vittima, tipo le lacrime di Gigio o i gesti di stizza dell’argentino) e quello sul Dialogo Interno. Buttare a mare domande depotenzianti del tipo “Perché capita sempre a me?” “Perché tutti mi attaccano?” e convertirle in “Come posso imparare da questa situazione?” “Cosa mi contraddistingue in positivo?” “Come riesco essere d’esempio ai giovanissimi che potrebbero un giorno cadere nella stessa trappola mediatica?”

Ultimo, ma non meno importante, è il lavoro sul Focus Mentale: le persone di successo sanno controllare il proprio focus, imparando a dirigerlo con le giuste domande. La percezione della realtà andrà gestita con un passaggio dai sistemi rappresentazionali (Visivo, Auditivo e Cinestesico) e con l’utilizzo delle submodalità. Domandati piuttosto “Cosa devo credere, su cosa devo focalizzarmi per cambiare lo stato dell’arte intorno a me?”. Se fossimo in Dybala e Donnarumma, sposteremmo il nostro focus su credenze del tipo:

  • Voglio che il mio impegno, in allenamento e in gara, sia proporzionale al guadagno. Se guadagno più di altri, devo essere l’esempio numero uno in quanto a energia consumata.
  • In squadra siamo tutti diversi, ma il singolo ruolo di ognuno è importante e va rispettato. Senza l’apporto di tutti, io stesso non potrei raggiungere questi traguardi.
  • I tifosi mi fischiano perché non capiscono fino in fondo quale siano le dinamiche. Mi impegnerò a spiegarle in maniera chiara in tv, sui social, attraverso un libro. Se serve con l’aiuto di qualcuno più bravo di me a scrivere o parlare.
  • I soldi che guadagno possono servire anche per cause esterne al campo da gioco (beneficenza, onlus, ecc). Lo faccio e lo comunico non per vantarmi, ma per essere d’esempio affinché molti altri lo facciano.

In fondo, è anche un tema di Personal Branding. E guarda caso, fra i servizi dell’Istituto Internazionale per la formazione di Sport Mental Coach (ISMCI) compare proprio la “gestione della reputazione mediatica” di un giovane (e meno giovane) sportivo.

Informarsi per credere!

Alessandro Dattilo

Alessandro Dattilo

Giornalista, storyteller, blogger, formatore, ghostwriter. Aiuta aziende e professionisti a raccontare la loro storia, a trasferirla sul web, a farla diventare un libro. Tiene seminari su Brand Journalism e Scrittura Efficace per il Business. Oggi è Senior Content Manager per Roberto Re Leadership School e Stand Out – The Personal Branding Company e docente del programma HRD – Da Manager a Leader. Fondatore di TorinoStorytelling e RomaStorytelling, ha scritto e parlato per quotidiani nazionali, network radiofonici e tv locali. Sul web ha lavorato come consulente editoriale e content manager per il Gruppo Enel, Ferrovie dello Stato, Treccani, Ferpi, Fastweb, Reale Mutua, Comin & Partners e molti altri. Per Mondadori ha pubblicato nel 2014 il libro "Scrittura Vincente", una guida pratica su come usare la parola scritta per raggiungere più facilmente i propri obiettivi in campo aziendale, commerciale, professionale.

One Comment

  • Antonio galli ha detto:

    Forse prima di applicare le varie tecniche di coaching, sarebbe necessario che entrambi facessero chiarezza su quali sono i loro obiettivi e il percorso per raggiungerli (e anche in questo caso, fondamentale è via presenza di un coach).
    In particolare il giovane Donnarumma che sembra dover inseguire più gli obiettivi del suo agente Raiola che i propri.

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