
Gioca con le mani, veste diversamente da tutti gli altri e il suo compito è quello di impedire il fine ultimo del calcio, il gol. Il portiere, una specie di paradosso del prato verde, eroe e attore, idolo dei bambini, metà saltimbanco e metà felino.
E’ il ruolo più poetico del calcio, è il numero uno, dietro di lui il nulla. Al ruolo di portiere sono state dedicate meravigliose pagine di letteratura; da Umberto Saba a Osvaldo Soriano, da Peter Handke ad Albert Camus. Seguo da due anni un portiere che ha 21 anni e gioca in Lega Pro. Si chiama L.G., ha straordinarie doti acrobatiche ma dal punto di vista mentale deve ancora acquisire quella sicurezza capace di fargli spiccare il grande salto verso i palcoscenici delle categorie maggiori.
Il ragazzo, nonostante un fisico da corazziere, si sente a disagio nelle uscite alte. Cross, palle inattive e calci d’angolo sono situazioni capaci di minare la sua autostima creandogli ansia e mettendo a repentaglio il suo stato d’animo. L.G. tende a rimanere fermo tra i pali e a sperare che il corso degli eventi disinneschi il pericolo. In casi come quello di L.G., si tende a vivere la porta come la propria casa, la propria “zona di comfort” (quell’insieme di abitudini e comportamenti che ci danno sicurezza e ci fanno sentire al sicuro). Il punto è che soltanto uscendo dalla nostra “zona di comfort” possiamo vincere la sfida del miglioramento. Già, proprio così, i due pali e la traversa come un porto sicuro, ma per diventare persone, e portieri, migliori occorre salpare. Sbagli un’uscita? Pazienza! Ne sbagli due? Tre? Quattro? Non importa, non hai alternative; se vuoi diventare un grande numero uno devi imparare anche questo specifico gesto. Soltanto sbagliando potrai imparare e correggerti, soltanto uscendo mille volte in allenamento potrai scoprire i trucchi per diventare il padrone della tua area.
I portieri si sentono a proprio agio quando arriva un tiro e devono volare per respingerlo. Non appena il tiro viene scoccato, nella loro mente si accende l’allarme rosso e sono già in tuffo. E’ un comportamento stimolo-risposta: parte il tiro e loro sono in volo. Ecco il punto; il portiere poco avvezzo alle uscite non vive il cross in area con la stessa sensazione di pericolo, parte la palla e nella sua testa si accende soltanto la spia dell’allarme giallo. Esco? Non esco? Chissà. Un suggerimento, allora, per i portieri che hanno ampi margini di miglioramento nelle uscite alte, è quello di installare un nuovo programma nella mente. Non appena un pallone sta per spiovere in area, accendete la spia rossa dell’allarme, pensate che quella palla è roba vostra, pensate che può essere pericolosa come una bomba dal limite, tocca a voi! Così facendo, uscirete molte volte a partita, prenderete confidenza con il gesto tecnico e diventerete leader della difesa. E si attiverà il circolo virtuoso: vi sentirete i capi, avvertirete la fiducia dei compagni e sarà un godimento prendervi la responsabilità assoluta di tutto quanto capita in area. Azzerate ogni paura, buttatevi, non dimenticate mai che il vostro è un destino da numeri uno.