CalcioPillole di coaching

L’allenatore non mi vede

By 29 Novembre 2016Maggio 23rd, 2019One Comment

“L’allenatore non mi vede”, “l’allenatore ce l’ha con me”, “Mi alleno a mille ma non serve a niente perché tanto non mi fa giocare”.

Le lamentele nei confronti dell’allenatore caratterizzano la vita di molti calciatori ma, purtroppo, non conducono a nulla. Servono soltanto a trovare un capro espiatorio e un destinatario della propria rabbia. Umano e comprensibile, nulla per un atleta è peggio di rimanere seduto a guardare.

Proviamo allora a  rivolgere a noi stessi una domanda: esiste un modo per vivere in maniera produttiva un periodo di panchina? Come reagire nel miglior modo possibile alla decisione dell’allenatore di preferirci qualcun’altro? La soluzione c’è, e consiste nel pensare che le sue decisioni sono estranee al nostro controllo, e che ciò su cui noi dobbiamo canalizzare i nostri sforzi deve invece riguardare elementi e aspetti che dipendono esclusivamente da noi. E cosa dipende da noi? Usare ogni allenamento per migliorare tutti i colpi. Il miglioramento, ecco cosa dipende da noi. Se vuoi migliorare il sinistro o il tiro da fuori o il cross in corsa, non c’è mister che tenga, nessuno te lo può impedire: non avrai altro da fare che dedicare ogni minuto della settimana al tuo obiettivo principale: diventare un calciatore migliore. Già, perché la domanda che devi porre a te stesso è proprio questa: è più importante giocare domenica o diventare più forte?

Non ci sono dubbi, diventare un giocatore più forte, perché se così sarà nulla ti potrà fermare, prima o poi inizierai a giocare e ti prenderai tutte le rivincite che desideri.  La scelta di schierarci titolari esula dalla nostra volontà, quindi è inutile disperdere energie nervose e pensieri per qualcosa su cui il nostro potere d’intervento è nullo. Il mister ti tiene fuori? Ok, cosa puoi fare? Pensare a te stesso, lavorare duro per migliorare, rigare dritto e farti trovare pronto alla prima occasione in cui sarai chiamato in causa. Non esistono alternative, non esistono scorciatoie e, quel che è peggio, qualsiasi idea diversa (protestare, allenarsi con minore intensità, assumere un atteggiamento sarcastico ecc) rischia di peggiorare la situazione.

Rispetto a una situazione si può reagire con modi e comportamenti diversi. Adattiamo la © Matrice di SUNG al caso del giocatore tenuto in panchina che si sente escluso.

Il ragazzo può reagire in modo SBAGLIATO E NON UTILE.

Ad esempio, non si presenta più agli allenamenti.

È un modo sbagliato perché manca di rispetto a  compagni e mister. E’ un modo non utile perché così facendo si comporta da masochista e finisce fuori rosa

Il ragazzo può reagire in modo SBAGLIATO E UTILE.

Ad esempio si allena a mille e si tiene pronto, ma “fa il muso” e assume un atteggiamento strafottente. E’ un modo sbagliato perché la strafottenza e il muso sono atteggiamenti infantili che irritano il mister. E’ un modo utile perché il ragazzo si allena a mille e quando sarà chiamato in causa sarà atleticamente e tecnicamente pronto. Dovrà solo stare attento agli effetti collaterali che la strafottenza potrà procurargli, perché a lungo andare gli atteggiamenti sbagliati rendono non più utili azioni che inizialmente erano efficaci.

Il ragazzo può reagire in modo GIUSTO E NON UTILE.

Ad esempio chiede di giocare di più in buone maniere e con il sorriso sulle labbra ma non aumenta l’impegno e non fa nulla per correggere i propri difetti.

È un modo giusto perché è un modo educato e adulto di fare le proprie ragioni, ma non è un comportamento utile perché non aumentando l’impegno e non migliorando non fa nulla per fare cambiare idea al mister.

Il ragazzo può reagire in modo GIUSTO E UTILE.

È il punto d’arrivo. Il ragazzo si relaziona positivamente con mister e gruppo e si allena ancora di più. Accetta l’esclusione senza strafottenza e senza musi, aumenta ulteriormente l’impegno per trovare il suo riscatto e nel frattempo fa di tutto per intrattenere un rapporto di “simpatia” con mister e compagni.

Difficile? Sì, molto. E’ estremamente impegnativo vincere la propria voglia di urlare e mandare tutti a quel paese, ma la maturazione mentale è l’unica strada davvero obbligata per diventare campioni e non ritrovarsi a trentacinque anni al bar a dire “se avessi avuto un’altra testa”.


Articolo a cura di Marco Cassardo

Sport Power Mind

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Sport Power Mind è la forza di una squadra al servizio dell'atleta; un team di professionisti uniti tra loro dal medesimo obiettivo: liberare il potenziale degli atleti per massimizzare le loro prestazioni. Sport Power Mind utilizza, sia per la formazione, sia durante le sessioni di lavoro con gli atleti, un metodo di coaching unico e distintivo, frutto di studi ed esperienze maturati in anni di attività sul campo.

One Comment

  • Rossella cascetta ha detto:

    Il post di Ibra è verissimo! Mio figlio si trova nella stessa situazione, ora… E ‘ un portiere 2001, bravo a detta dell allenatore che gli parlava come ad un figlio, ad un tratto ha smesso di parlare con lui, lo ignora….E’ arrivato un portiere 2002 , più basso di 10 cm, meno bravo, a detta della squadra, che si vanta di essere raccomandato, che suo padre è amico dell allenatore dei portieri….Insomma mio figlio non gioca più…

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