
Quali sono i calciatori che possono trarre beneficio dal mental coach? Sarebbe facile rispondere “tutti”.
Facile e giusto: anche campione affermati, infatti, grazie a una migliore conoscenza dei propri meccanismi mentali, hanno aumentato il livello delle loro prestazioni. Qualche nome? Hernanes, Candreva, Aquilani, Saponara, De Silvestri, Borini, Obiang, Ranocchia, Bonucci, Jorginho (senza dimenticare allenatori come Capello, Mancini, Pioli, Di Carlo).
Ci sono però situazioni in cui l’importanza di un “facilitatore mentale” è del tutto evidente. Pensiamo a un ragazzo che, nel pieno dell’adolescenza, è chiamato a trasferirsi in una squadra lontana mille chilometri da casa. All’improvviso abitudini e sicurezze sfumano e lasciano il posto a una realtà nuova, diversa, spesso vissuta come ostile. A diciassette anni non è una cosa da poco lasciare la famiglia e gli amici e andare a vivere in un pensionato di periferia dividendo la propria giornata tra scuola, allenamenti e una cameretta di quattro metri per quattro.
Gli ostacoli che si incontrano lungo il cammino che porta al calcio professionistico sono molteplici. Esistono, per esempio, regole riguardo all’utilizzo dei giovani, i cosiddetti “under”, nei campionati di Serie D, Eccellenza e Promozione.
Per il campionato in corso la legge stabilisce che: “fino al 30 giugno 2016, per quanto attiene al campionato di Serie D ed alla Coppa Italia organizzata dal Dipartimento Interregionale, le Società dovranno obbligatoriamente schierare un calciatore nato dall’1.1.1995, due nati dall’1.1.1996 e uno nato dall’1.1.1997, mentre per le altre competizioni ufficiali, le Società di Eccellenza e Promozione avranno l’obbligo di schierare in campo un calciatore nato dall’1.1.1996 e un altro nato dall’1.1.1997. Tali disposizioni vanno rispettate sin dall’inizio e per l’intera durata delle partite e, quindi, anche nei casi di sostituzioni successive dei calciatori”. Questa regola ha creato parecchi grattacapi alle società e ha minato l’autostima di molti ragazzi.
Quante volte mi sono sentito chiedere: “Gioco perché sono bravo o perché il mister è obbligato a mettere quattro giovani?”; “Cosa sarà di me quando non sarò più un under? Finirò in Prima categoria? Dovrò tornare al paese a fare il muratore?”. Ecco, questi ragazzi vivono una fase della loro vita professionale in cui l’autostima è traballante e il supporto di un mental coach può rivelarsi decisivo.
La figura del mental coach è di grande aiuto in tante altre situazioni. Può fornire un sostegno all’attaccante che, dopo una stagione esaltante, non riesce più a segnare e si ritrova a fare i conti con “il blocco del gol”; al giocatore che in allenamento fa numeri da circo ma in partita non ne becca una; a quello divorato dalla tensione del prepartita; al calciatore che dopo una splendida cavalcata che lo ha portato dalla Lega Pro alla Serie A si ritrova con compagni più vecchi e smaliziati e diventa pauroso, intimidito dal “nonnismo” dello spogliatoio.
I casi sono innumerevoli. Ci sono giocatori che non riescono a creare un buon rapporto con gli allenatori e finiscono sempre con l’attribuire al mister la causa di ogni risultato negativo. Ci sono giocatori che non riescono a venire a capo della paura di sbagliare, basta una giocata venuta male e il morale gli piomba a terra.
Ci sono giocatori che hanno subito un grave infortunio, tornano in campo, ma hanno perso sicurezza e sono le controfigure di se stessi. Ci sono giocatori che da ragazzi erano fenomeni e poi hanno perso il filo, così come giocatori fortissimi che, per un motivo o per l’altro, non riescono a schiodarsi dal calcio dilettantistico. Ci sono quelli che hanno la sensazione di non riuscire a stare sul pezzo, “in partita mi capita di perdere la concentrazione e prima o poi faccio la stupidaggine”, e quelli che si lamentano perché: “è come se andassi avanti con il freno a mano tirato, c’è qualcosa che mi impedisce di esprimere tutto il mio potenziale e mi fa rendere solo al cinquanta per cento”. E cosa dire di quelli che non riescono a gestire lo stato d’animo, le cosiddette “teste calde”? Si trovano ovunque, in Serie A come in Serie D; cambia la categoria, ma le dinamiche mentali alla base dei comportamenti dannosi sono le stesse.
Potremmo proseguire con altri esempi. Il calcio è fatto di grandi gioie e delusioni, momenti di esaltazione e fasi di demotivazione, fiducia e sfiducia, autostima che viene e autostima che va. I motivi per consultare un mental coach non mancano: in ogni categoria e a ogni età.