Pallavolo

Mondiali di volley, quell’argento con l’anima d’oro

By 22 Ottobre 2018Maggio 24th, 2022No Comments

“Siamo arrivati fino a qui perché abbiamo sognato questa partita. La delusione è normale, nessuna delle ragazze sognava di arrivare seconda”. Dietro il lavoro di Davide Mazzanti, coach della nazionale di volley femminile, c’è una visione che incide profondamente sulle credenze delle sue giocatrici.

Quella conquistata ai Mondiali in Giappone è una medaglia d’argento in agrodolce. La sconfitta contro la Serbia in finale è arrivata quando tutta una nazione ci credeva. E tifava in televisione con ascolti record (oltre 6 milioni in media, con picco finale di 8 milioni di telespettatori, per uno share del 43%!).

 

Oltre all’entusiasmo generale, e alla conseguente delusione a posteriori, nulla toglie allo splendido lavoro – tecnico e mentale – portato avanti da Mazzanti dal maggio dello scorso anno, mese in cui si è insediato sulla panchina azzurra. “C’è dietro un percorso fantastico che va al di là della medaglia e del colore – ha detto il coach a fine gara – Dovevano essere due anni di esperienza: pensare che li chiudiamo con una medaglia d’argento ai Mondiali è incredibile. Mi sono preso tanti rischi perché avevo una determinata visione di questa squadra”.

Davide aveva messo in conto di portare grandi cambiamenti al gioco delle ragazze, al punto da immaginare due anni di transizione e di crescita costante per arrivare a livelli di vertice. Le sue allieve, invece, hanno avuto “fretta di vincere”, arrivando a questo traguardo già prima della fine del biennio. “Dobbiamo tenerci stretto il come abbiamo ottenuto l’argento perché il cosa passa in un attimo. Ora sarà importante gestire questo momento, abbiamo acceso un riflettore su di me e questo riflettore va gestito al meglio, sia per me che per loro”.

Focalizzato in chiave mental coaching, Mazzanti lavorerà appunto sul “come”, ovvero sui singoli step che hanno portato il sestetto a conquistarsi la finale dei Mondiali, battendo il Giappone e poi la Cina in semifinale. “Le ragazze hanno un merito incredibile: ci sono stati momenti in cui abbiamo vacillato perché vedevamo che alcune cose non venivano. Ma alla fine sono state brave a fare il salto di qualità nel momento più difficile”.

Mazzanti – commissario tecnico giovane (42 anni) di una squadra di giovanissime (23 anni in media) – ha lavorato anche sul senso di appartenenza e identità delle ragazze. In un Paese dove (a eccezione dello sport) spesso la gioventù è sinonimo di incompetenza, il CT ha favorito l’integrazione a tutto campo delle diverse anime della squadra. Non solo puntando sulla palermitana Miriam Sylla e sulla padovana Paola Egonu – immigrate di seconda generazione in quanto figlie di ivoriani e nigeriani – ma amalgamando una formazione in base a una visione comune.

Un bravo mental coach deve saper valorizzare le singole individualità, inserendole in un contesto creato apposta per esaltare il cosiddetto “collettivo”. Come spesso accade (pensiamo anche alle vittorie dell’Italia ai Mondiali di calcio), una delle chiavi del successo è stata la forza di coesione dello spogliatoio, che ha saputo farsi strada in Giappone, arrendendosi soltanto contro la Serbia, avversario dimostratosi più cinico ed esperto.

Cos’è mancato alle azzurre a livello mentale? Probabilmente la freddezza e l’incisività di amministrare una situazione inedita. Nei momenti caldi, la lucidità e la capacità di concentrazione nel gestire i palloni più scottanti fanno tutta la differenza. Molti hanno scritto che in ogni caso questa medaglia d’argento è un ottimo viatico per puntare con convinzione alle Olimpiadi di Tokyo 2020. “Non abbiamo vinto oggi – hanno detto le ragazze – ma potremo farlo domani”. La centrale Anna Danesi ha concluso: “A mente fredda sono sicura che questa medaglia la vedrò d’argento solo esternamente, perché al suo interno in realtà è tutta d’oro”. Una bella credenza potenziante, che aiuterà di certo a focalizzarsi sul podio più alto dei prossimi giochi Olimpici.

Alessandro Dattilo

Alessandro Dattilo

Giornalista, storyteller, blogger, formatore, ghostwriter. Aiuta aziende e professionisti a raccontare la loro storia, a trasferirla sul web, a farla diventare un libro. Tiene seminari su Brand Journalism e Scrittura Efficace per il Business. Oggi è Senior Content Manager per Roberto Re Leadership School e Stand Out – The Personal Branding Company e docente del programma HRD – Da Manager a Leader. Fondatore di TorinoStorytelling e RomaStorytelling, ha scritto e parlato per quotidiani nazionali, network radiofonici e tv locali. Sul web ha lavorato come consulente editoriale e content manager per il Gruppo Enel, Ferrovie dello Stato, Treccani, Ferpi, Fastweb, Reale Mutua, Comin & Partners e molti altri. Per Mondadori ha pubblicato nel 2014 il libro "Scrittura Vincente", una guida pratica su come usare la parola scritta per raggiungere più facilmente i propri obiettivi in campo aziendale, commerciale, professionale.

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