
Sette milioni di dollari di montepremi e sette vincitori di major in campo. Da giovedì 12 a domenica 15 ottobre scatta a Monza l’Open d’Italia numero 74, il migliore da molto tempo per qualità dei giocatori. Leggendo articoli di presentazione e interviste ai campioni, abbiamo tratto una serie di notizie che indicano, senza dubbio, quanto la componente mentale faccia realmente la differenza in uno sport così basato sulla concentrazione come il Golf. A ognuna di queste abbiamo aggiunto un breve commento in chiave mental coaching.
GIOCARE IN CASA NON AIUTA
Un anno fa sempre a Monza Francesco Molinari vinse il suo secondo Open (dopo quello del 2006). Dice Silvio Grappasonni, voce esperta di Sky che trasmette l’evento: “Vincere lo stesso torneo per due anni di fila è molto difficile, lo dicono le statistiche. Nel golf di oggi il livello di competizione è altissimo, chiunque dei primi 40 del mondo può vincere un Major. Giocare in casa poi può diventare uno svantaggio: hai più pressione e il pubblico ti aiuta per modo di dire, non è una partita di calcio”.
Qui entrano in campo le credenze e l’atteggiamento mentale: molti atleti hanno un riferimento esterno, si fanno condizionare da ciò che leggono o dicono i cosiddetti esperti. Ovvero che vincere per due volte di seguito è più difficile perché senti addosso la pressione. Peggio ancora se si gioca di fronte al pubblico amico. Un lavoro mentale utile può essere quello di chiudere in un ipotetico cofanetto l’esperienza passata e riazzerare il contachilometri. Rinforzare la propria identità immaginando di essere l’outsider che deve sparigliare le aspettative, il vincente che si nasconde dietro la scia luminosa dei grandi favoriti. Cercando poi nuovi riferimenti su cui focalizzarsi lungo il percorso: notando cioè dettagli del paesaggio e particolari del campo inediti, ancoraggi motivazionali (visivi, uditivi e cinestesici) che facciano sentire l’atleta “pulito” rispetto all’esperienza precedente. Nel golf non c’è nulla che si realizzi sul campo se prima non lo hai elaborato con l’immaginazione.
MODELLI DA IMITARE
È fondamentale avere dei campioni a cui ispirarsi. Di fronte a Molinari ci sarà fra gli altri Sergio Garcia, figlio di un custode di campi da golf, professionista dal 1999, che ad aprile ha conquistato suo primo Major al 75° tentativo, quando aveva quasi perso le speranze. Lo spagnolo ha avuto due eccellenze chiamate Olazabal e Ballesteros: “Avere un idolo del tuo Paese è sicuramente una motivazione in più. Ed entrambi lo sono stati. Sono cresciuto osservando attentamente il loro modo di giocare. Senza di loro probabilmente non sarei stato attratto dai green e non sarei diventato quello che sono oggi”.
Esiste un modo, che i mental coach conoscono, di intraprendere azioni capaci di accelerare il processo di apprendimento. Di fare proprie quelle lezioni che i campioni hanno già appreso. Si chiama “modellamento” ed è un modo di riprodurre esattamente l’eccellenza di altri. Non si tratta di stabilire se potete produrre i risultati ottenuti da un altro: è invece una questione di strategia. In altre parole: come fa quel campione di golf a ottenere quei risultati, a eseguire quel colpo con tale maestria? Occorre infatti imitare la maniera con cui queste persone dirigono il proprio sistema nervoso. Dovete scoprire quali azioni hanno intrapreso, e più specificamente come si sono serviti del loro cervello e del loro corpo per produrre i risultati che voi desiderate duplicare. Ma possedere la conoscenza non è sufficiente: a produrre risultati è l’azione, l’allenamento insieme a un professionista del coaching sportivo.
IL CAMBIAMENTO NECESSARIO
Spiega Molinari: “Torno in Europa dopo una stagione giocata in America, che sotto il profilo della motivazione è stata decisiva. A un certo punto ho capito che sul Tour europeo avrei continuato a fare le stesse cose. Mi serviva una nuova spinta: su quello americano ho trovato le opportunità giuste”.
Il cambiamento non deve spaventare. Quando intuite che ci sono margini di miglioramento nelle vostre performance, allora è il momento di rischiare, di rimettersi in gioco. Solo così si cresce. Oggi poi domina l’iper-atletismo che dà una nuova connotazione al golf moderno. Si è molto ridotto infatti il gap tra un giovane amatore forte e un bravo professionista. Ciò che fa la differenza non è la quantità di competenze ma la qualità delle esperienze fatte e la fiducia nel proprio atteggiamento mentale.
LA CULTURA MENTALE
Il golf italiano è fortissimo a livello amatoriale. Ma una volta raggiunto il professionismo, molti giocatori sembrano smarrirsi. Negli Usa un ragazzo di 17-18 anni lascia la famiglia per andare a studiare nei college. Si forma come atleta e come individuo, diventa uomo molto presto. Da noi fino a 23-24 anni si vive in famiglia, per poi venire catapultati nella realtà del golf professionistico in modo brusco, improvviso.
Anche qui scende in campo il lavoro sull’identità, sulle credenze legate a come ci si vede in campo e non solo. I problemi e le paure nascono perché non sai come organizzarti la vita, gestire gli allenamenti, riuscire a vivere del tuo lavoro. Se non sei mentalmente preparato, può risultare davvero complicato. Anche per questo, nel percorso che abbiamo strutturato per gli allievi del Master ISMCI sono previsti servizi collaterali come la corretta nutrizione, la preparazione atletica e la fisioterapia. Discipline che da soli non è facile tenere sotto controllo. A questo si aggiungono la gestione dei social media e il personal branding, per far sì che l’atleta possa diventare una micro-celebrità nella sua nicchia professionale.