Calcio

Sentirsi pronti, il focus mentale del giovane Piatek

By 31 Gennaio 2019Maggio 24th, 2022No Comments

Nelle stesse ore in cui Krzysztof Piatek nasceva (era l’inizio di luglio del 1995), al Milan arrivava un fenomeno chiamato Roberto Baggio. Il Divin Codino, messo alla porta dalla Juventus di Marcello Lippi, era approdato a Milanello insieme a un altro campione di livello assoluto: un tale George Weah, centravanti liberiano acquistato dal Paris Saint–Germain e premiato nel 1995 con il Pallone d’oro, con il FIFA World Player e come Calciatore africano dell’anno. Un Milan stellare, allenato da Fabio Capello, che ad aprile del 1996 vincerà lo scudetto staccando di 8 lunghezze proprio la Juve del neo–bomber Alessandro Del Piero.

Questo simpatico parallelo tra Baggio e Piatek ci è venuto in mente leggendo le dichiarazioni del giovane attaccante polacco (“sono nato pronto!”), a cui l’altra sera è bastata una manciata di minuti in coppa Italia contro il Napoli per dimostrare tutto il suo immenso valore. Due gol da vero killer che valgono la qualificazione ai danni della squadra di Ancelotti e che danno coraggio al popolo rossonero dopo un inizio di stagione altalenante.

Da quando è arrivato a Milano, proveniente dal Genoa di mister Prandelli, Piatek continua a ripetere di essere pronto. Poche parole, sguardo intenso, qualche sorriso di circostanza e testa al campo. L’approccio al mondo rossonero avviene proprio com’era filtrato da chi lo conosce bene a Genova: un ragazzo riservato, a cui non interessano dichiarazioni a effetto e che – come spesso avviene in questi casi – racconta di voler far parlare soltanto il campo.

Il sostituto di Higuain (dopo 19 gol in 21 partite al Genoa tra campionato e coppa Italia) ha detto ai giornalisti: “Ho sempre creduto in me stesso, volevo dimostrare qualcosa di buono in serie A. Per me è importante fare gol, perché sono un centravanti, ma in realtà resto sempre lo stesso anche se ora sono al Milan“.

L’attaccante polacco ruota più o meno sempre intorno al medesimo concetto: “Voglio segnare tutte le partite”. Elementare e coraggioso allo stesso tempo. L’unica digressione che si concede riguarda i suoi trascorsi da tifoso milanista, confermati da una foto girata sul web. “Quella foto è vera, quando ero più giovane ero un tifoso rossonero, e il mio sogno era proprio giocare in questa squadra. Essere seduto di fianco a queste leggende – racconta guardando Maldini e Leonardo – è un onore. Ma dovrà essere il campo a parlare”.

Dopo la doppietta contro il Napoli, il Pistolero (così soprannominato per la sua esultanza dopo ogni gol) ha confermato le parole pronunciate qualche giorno prima. “Mi aspettavo una notte così – ha detto a Milan TV – l’avevo detto che ero pronto e oggi ho segnato due reti. È solo l’inizio”.

Ecco il punto: Piatek nel tempo ha rinforzato la sua identità, strutturandosi come un atleta “pronto”. La sua storia parla proprio di questo: un influsso astrale nel segno di Roberto Baggio, una simpatia per il Milan fin da piccolo, un trasferimento al Genoa del lungimirante Preziosi (dove realizza una valanga di gol in pochi mesi), un approdo al Milan “operaio” di Gattuso, che ora se lo coccola come una gemma preziosa. E chissà come sarà il suo futuro.

Ciò che lo contraddistingue mentalmente dalla maggior parte dei talenti che vediamo oggi giocare in serie A è l’incredibile “fame” di vittorie. Dalle sue dichiarazioni, si intuisce che Piatek vede se stesso come un calciatore professionista a cui la sorte ha donato buoni piedi e senso del gol, come un ragazzo che non ha ancora dimostrato niente di definitivo e che proprio per questo deve farsi trovare sempre pronto: perché certi treni passano una sola volta.

Dice Giorgio Perinetti, direttore sportivo del Genoa: “Appena ha fatto le prime partitelle abbiamo capito le sue caratteristiche, controllo e tiro, ha una grande determinazione, è robotizzato. Adesso l’enfasi è straordinaria ma è un ragazzo che ha tutte le qualità per continuare. Piatek voleva fortemente il Milan, sa quello che vuole e trattenerlo a Genova sarebbe stato controproducente”.

Ecco la “fame” di crescere, ecco come soddisfare i suoi bisogni mentali di sicurezza, di amore e unione con i suoi tifosi e i suoi compagni, di varietà. Ma soprattutto è il suo bisogno d’importanza, unito a quello di fornire un contributo alla squadra, che l’ha fatto esplodere. “È stato un grande sogno giocare a San Siro – ha detto in queste ore – non pensavo che si potesse davvero realizzare. Ma in quel caso sapevo che sarei stato pronto”.

Credenze e Identità

Una categoria di credenze è data dalle convinzioni che abbiamo su chi noi siamo, e che vanno a formare la nostra identità, cioè l’idea e l’immagine che abbiamo di noi stessi. Sono, in pratica, tutte le credenze che vengono espresse dalle affermazioni che iniziano con: “Io sono…”.

Ogni volta che un atleta si comporta coerentemente con la sua identità, si sente “se stesso”: e questa è la massima sensazione di certezza che un essere umano possa provare. Ecco perché siamo disposti ad agire in maniera coerente con la persona che crediamo di essere, anche quando farlo è davvero difficile. Sentirsi pronti significa essere certi di poter affrontare con i nostri mezzi (fisici e mentali) qualunque situazione imprevista. Saremo adeguati.

Un altro incredibile campione che si sentiva sempre pronto, nonostante abbia giocato in svariate squadre (Juventus, Inter, Milan, ma anche Ajax, Barcellona, PSG e Manchester United) era Zlatan Ibrahimović. Un fuoriclasse con una sua filosofia ben precisa: “Me ne frego di quello che pensa la gente – ha scritto nella sua autobiografia – perché si può togliere il ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto dal ragazzo”. Un giustiziere in carne, ossa e scarpini da calcio, che ha calcato i campi di mezzo mondo con un puro senso di rivalsa mai sopito. Sentendosi un predestinato.

Se un atleta – come Piatek o Ibrahimović – crede di essere un tipo che “non molla mai”, perseverante e tenace, nel momento in cui dovesse trovarsi in grande difficoltà, mentre tutto lo spingerà ad abbandonare l’impresa, lui tenderà comunque a “non mollare”. E anche se quella potrà essere la scelta più difficile, una parte di lui si sentirà ok per il semplice fatto che sta tenendo duro e non si arrende!

Per concludere con un esempio di mentalità vincente, guardate cosa ha combinato Novak Djokovic, che ha appena conquistato il suo settimo Australian Open battendo in finale Rafael Nadal, numero 2 del ranking. Quando tutti ormai lo davano per perso, nel 2018 il tennista serbo è ripartito da zero ed è stato capace di un recupero impressionante. Per lui conta molto il fatto di sentirsi il terzo incomodo tra Federer e Nadal: il pubblico non lo ama alla follia (mentre tutti adorano lo svizzero e lo spagnolo) e allora lui – non sentendosi mai arrivato, ma sapendo di avere un’identità da numero uno – continua a sorprendere gli addetti ai lavori collezionando successi importanti. Che dire: un altro che sente… di essere nato pronto!

Alessandro Dattilo

Alessandro Dattilo

Giornalista, storyteller, blogger, formatore, ghostwriter. Aiuta aziende e professionisti a raccontare la loro storia, a trasferirla sul web, a farla diventare un libro. Tiene seminari su Brand Journalism e Scrittura Efficace per il Business. Oggi è Senior Content Manager per Roberto Re Leadership School e Stand Out – The Personal Branding Company e docente del programma HRD – Da Manager a Leader. Fondatore di TorinoStorytelling e RomaStorytelling, ha scritto e parlato per quotidiani nazionali, network radiofonici e tv locali. Sul web ha lavorato come consulente editoriale e content manager per il Gruppo Enel, Ferrovie dello Stato, Treccani, Ferpi, Fastweb, Reale Mutua, Comin & Partners e molti altri. Per Mondadori ha pubblicato nel 2014 il libro "Scrittura Vincente", una guida pratica su come usare la parola scritta per raggiungere più facilmente i propri obiettivi in campo aziendale, commerciale, professionale.

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