Spesso quando accadono imprese come quella fatta dalla Juve ieri sera contro l’Atletico Madrid, è bene andare a rileggersi le dichiarazioni e a guardare i comportamenti che hanno preceduto la gara. È lì che si capisce se l’atteggiamento mentale, se le credenze che accompagnano l’identità, sono quelle giuste. Da come i protagonisti si esprimono a parole, da come alzano l’asticella ogni giorno negli allenamenti, emerge la quantità e la qualità del focus mentale proiettato sulla prestazione che sta per arrivare.
Parlare dopo è facile: dopo un’impresa, la comunicazione con se stessi e il mondo circostante è figlia di un’adrenalina che ti fa essere lucido ed entusiasta. Ma pensare “giusto” prima della performance è invece una qualità che solo i grandi campioni dello sport riescono a coltivare e a difendere dagli attacchi esterni (e interni).

Dopo la partita di andata a Madrid, la Juventus uscita sconfitta per due a zero era stata bersagliata da critiche pesantissime, come se tutto fosse già stato compromesso. Come se non ci fosse una partita di ritorno da disputare. Come se una stagione da record in campionato, con diciotto punti di vantaggio sulla seconda a undici giornate dalla fine del torneo, fosse “robetta” da dilettanti.
Contro Allegri e il suo gioco “rinunciatario” si sono scagliati in tanti. Cristiano Ronaldo è stato etichettato come un “anziano” sul viale del tramonto. Parole in libertà che non tengono conto dei numeri (basta guardare il palmares del tecnico livornese e di CR7) ma soprattutto che ignorano la straordinaria capacità di riemergere quando tutti ti danno per morto.
“Sarà il modo con cui affronteremo la partita a fare la differenza” aveva detto Allegri alla vigilia, aggiungendo che “tutti dovremo dare il cento per cento, non fermandoci alle prime difficoltà, tirando avanti per 90 e se necessario 120 minuti, verticalizzando e giocando in velocità”. Per poi aggiungere che “in certe partite ci vuole qualcuno che abbia incoscienza”. E con Spinazzola in campo si è capito a chi facesse riferimento.
Contro l’ipotesi di lasciare a fine stagione la panchina bianconera, Allegri rispondeva così: “Del futuro non parlo, non è il momento e mi sono state fatte tante domande che non so più che dire. L’importante domani è fare un grande partita, deve essere una grande serata e soprattutto cercare di centrare l’obiettivo, poi dopodomani penseremo ad altro”. Alle parole di Allegri avevano fatto eco quelle di Marcello Lippi, che con la Juve e la Nazionale ha vinto tanto: “La Juventus non è mai morta, dunque chi la dà per spacciata non la conosce. La Juve in un certo senso è immortale, soprattutto quando la feriscono”.

Caricata a pallettoni
Questo dunque era il “prima”, che in chiave mental coaching ci fa capire quanto sia importante l’ambiente nel quale sei immerso mentre prepari una performance così decisiva, restando impermeabili alle critiche (e alle cosiddette “gufate”). E in questo Max Allegri è un fenomeno.
Al di là dei meriti tecnici (in questa sede non parliamo di qualità del gioco espresso, di tattiche vincenti, di scelte di formazione), il grande ingrediente per la “remuntada” è stato il lato psicologico-motivazionale della faccenda, la capacità di tenere il gruppo in tensione per tre lunghe settimane, arrivando all’appuntamento decisivo in modo scintillante. La Juventus per 90 minuti è stata aggressiva e concentrata ma senza lasciarsi travolgere dalla bava alla bocca o dalla frenesia di chi sapeva di dover fare due o più gol in una sola partita, senza prenderne e per di più contro un avversario ostico.
Cristiano Ronaldo è un leader di caratura planetaria. La sua presenza, il suo esempio di abnegazione ed entusiasmo sono fondamentali per caricare i compagni, specialmente i più giovani. Uno dei video più visti oggi in Rete è proprio quello dove CR7, al momento di rientrare in campo nel secondo tempo contro l’Atletico Madrid, avvicina nel tunnel degli spogliatoi i propri compagni, con un gesto di carica e motivazione riservato a ciascuno di loro. “Vamos!” sembra dire con sguardo grintoso ai suoi colleghi di performance. Un comportamento che infonde sicurezza e solidità mentale al resto della squadra, in un momento delicato e difficile come quello del vantaggio per 1-0.

Allegri dal canto suo è abilissimo nel togliere la pressione ai giocatori, nello stemperare situazioni e critiche che potrebbero distogliere dall’obiettivo e far perdere energie emotive. Fuori dal campo sta attento a non mostrare a nessuno (né alla stampa e né tantomeno ai giocatori nello spogliatoio) i timori che precedono la gara e le ansie da formazione. È sovente scanzonato e ironico, anche se pungente e permaloso quando lo si stuzzica con analisi incoerenti e motivate.
Lo ha detto lui stesso a fine gara: “È stata una partita lucida e fredda, il rischio era quello di una serata isterica e nevrotica per ribaltarla subito dopo l’attesa”. Alla fine Allegri – che ha stracciato il collega Simeone proprio nel giorno di San Massimiliano, il 12 marzo – avrebbe potuto rispondere ai suoi detrattori con tono vendicativo. Invece la sua forza è di non esasperare mai il dopo-gara, di non attaccarsi alle circostanze (arbitri, sfortuna, episodi), di gestire situazioni molto delicate senza fare il furbo.
Questo è il suo calcio, questa la sua mentalità: che porta reddito e produce questi risultati. Non è mai esagerato nei toni, come è capitato a colleghi illustri (Antonio Conte, Arrigo Sacchi e altri), non è esaltato, né vendicativo né aggressivo. Il suo mantra è disincanto ed equilibrio, le abilità di un giocatore di scacchi che non si prende mai davvero sul serio.

Gestione delle critiche
Allegri dunque sa bene che la paura blocca la lucidità e non consente a un atleta di esprimersi al meglio. Per questo ha chiesto alla squadra di concentrarsi sul qui e ora, che di fatto significa metterci cuore e non pensare ad altro. Che la squadra abbia assimilato al meglio queste indicazioni lo dimostrano le parole di Leonardo Bonucci, uno che di trincea se ne intende. “Se ne sono dette tante su di noi, ma come sempre la Juventus risponde sul campo. Noi abbiamo avuto quattro occasioni e abbiamo fatto tre gol, loro all’andata hanno avuto tre occasioni e hanno fatto due gol: la differenza è stata questa. Abbiamo messo i coglioni per tutta la partita, le loro assenze pesavano ma non più delle nostre. Chi è stato chiamato in causa da noi ha fatto una grande partita in un’atmosfera incredibile, perché lo Stadium è stato il dodicesimo uomo”.
Lo sanno bene i mental coach che lavorano con singoli atleti o squadre. Alle critiche puoi rispondere in due modi: o accetti la sfida e reagisci per smentire quelle critiche, oppure puoi soccombere con rassegnazione. Bonucci rivela come hanno reagito: “Quello che è stato detto su di noi ci ha toccato a livello umano e quando si viene toccati a livello umano allora si tira fuori qualcosa in più. Il mister ha grande esperienza per farsi scivolare tutte le critiche addosso. Noi abbiamo fatto una grande rimonta e non era facile. Questa adrenalina che sentiamo addosso ci aiuterà ad arrivare al meglio fino a giugno”.
La spensieratezza di Allegri, dunque, come una delle chiavi per togliere pressione ai singoli elementi della squadra e dare lucidità ai suoi ragazzi impegnati in una partita cosiddetta “o dentro o fuori”, vero spartiacque della stagione.
Conclude Lorenzo Marconi, amministratore di Sport Power Mind e trainer del Master in Sport Mental Coaching di ISMCI: “Con i nostri atleti un elemento su cui lavoriamo è proprio il concetto di spensieratezza nello svolgimento della prestazione. La paura porta rigidità, toglie lucidità al momento agonistico. Quando l’atleta ‘non ha pensieri’ riesce a esprimere al meglio il proprio potenziale, senza interferenze esterne e interne. Ed è in grado di generare una performance al massimo delle sue capacità”.