
Classe 1960, 58 anni: Walter Zenga ha smesso da ventidue e sembra l’altro ieri. Ma al guascone un po’ scanzonato che si soffiava sulla frangetta è subentrato un uomo serio, deciso, che non dice una parola fuori posto. E che sulla frangetta non si soffia più, avendo scelto da tempo il taglio a zero.
Nel commentare questa descrizione (che un giornalista ha fatto di lui), Walter Zenga aggiunge: “Mi fa piacere dare questa impressione: un uomo serio, deciso, che non dice una parola fuori posto. Merce rara di questi tempi”. Conosciamo personalmente Walter: le cose che dice di se stesso potrebbero sembrare un peccato di superbia. Ma non è autostima esagerata: Walter Zenga è davvero così.
Essendo amico personale di Roberto Re, lo abbiamo ascoltato (e intervistato) in occasione di un suo intervento all’Emotional Fitness di Milano. Non siamo stupiti che Zenga sia tornato su una panchina italiana di una società storica come il Venezia. Dopo l’esperienza di Crotone, con una salvezza sfiorata fino all’ultimo minuto, l’Uomo Ragno riparte dalla serie B per risollevare le sorti di una squadra in crisi di risultati. Sa che soltanto restando focalizzato come un laser riuscirà a trasmettere ai suoi ragazzi la determinazione giusta per sgombrare i fantasmi di inizio stagione.
Dell’ex portiere dell’Inter e della Nazionale vanno apprezzate alcune doti e aspetti mentali, che fanno davvero la differenza quando si parla di “veri uomini” che scendono in campo con un’energia speciale. Dopo un momento-no nella sua carriera di Mister (esonerato più volte dalle panchine di club arabi, dalla Sampdoria di Ferrero e dal Wolverhampton in seconda divisione inglese), dopo l’avventura di Crotone dello scorso campionato Zenga si sente uscito dal tunnel. Grazie a un capillare e importante lavoro su se stesso, è tornato a essere protagonista: “Perché allenare è come cucinare – dice – serve saper dosare con cura i vari ingredienti”.
In un’intervista estiva, Zenga ha confessato di aver avuto gli incubi per la salvezza mancata con il Crotone. Una ferita al cuore che paradossalmente lo ha però rilanciato verso nuove sfide. Al punto da essere scelto dal presidente del Venezia Joe Tacopina, avvocato newyorchese con la stessa tendenza di Walter a mettere la faccia nelle cose che fa.
Passione, competenza, ostinazione: sono le qualità che gli riconoscono avversari e giocatori da lui allenati. Ma Zenga – nell’aver superato momenti di difficoltà – deve ringraziare l’affetto della sua famiglia e un grande lavoro interiore fatto a tu per tu con un mental coach come Roberto Re, abituato ad affiancare campioni di fama internazionale.
“Roberto si è preso a cuore l’idea di farmi uscire da un tunnel. Con lui ho avuto la possibilità di ragionare, di analizzare, di vedere le cose con una luce nuova. Tutte questo mi ha permesso di rinascere, come l’araba fenice che mi sono tatuata sulla gamba”. “Zenga – replica Roberto Re – è un uomo di incredibile spessore, dotato di un’umiltà e una continua voglia di imparare e mettersi in gioco davvero rare! Fortunati i suoi giocatori: con lui alla guida non hanno solo un bravissimo allenatore, ma un vero Coach che può farli crescere e migliorare ogni giorno come professionisti e come uomini. Sono molto orgoglioso del lavoro svolto insieme e felice della nostra collaborazione ma, ancora di più, della nostra amicizia”.
Per Walter Zenga i ragazzi devono coltivare l’ambizione di fare qualcosa di grande, devono avere il coraggio di rischiare. “Se ognuno di loro si accontenta di giocare in serie A o serie B, sbaglia. È giusto pensare in alto perché l’ambizione, senza arroganza, è quella che ti fa andare avanti. Dico sempre ai miei calciatori che devono vivere per il calcio, non far sì che il calcio gli permetta di vivere. È una differenza sottile, ma fondamentale”.
Più volte Walter ha tessuto le lodi del pianeta-calcio: “Il nostro è un mestiere bellissimo! Lo dico con l’emozione nella voce perché ti accorgi di quanto ti manca questo pallone quando smetti di giocare. Il giorno che ho appeso gli scarpini al chiodo, mi sono detto: che bello! Posso finalmente andare in vacanza quattro volte l’anno, non avere più stress, svegliarmi alle undici, godermi la vita. Dopo quattro giorni ero lì che volevo picchiare la testa contro il muro. Per questo sono felice di essere ritornato nuovo. Come uomo di calcio e come uomo!”.