“Non dimenticherò questa giornata. Intanto perché sono salito a 15 gol in serie A e poi perché ho messo a segno una tripletta. Gli applausi dalla Sud? Ho provato sensazioni indescrivibili”, Fabio Quagliarella.
Ha scritto Alessandro Bonan su Il Foglio: “Con quella faccia da antico romano, Quagliarella ha sbaragliato gli avversari con il carisma, prima ancora che con i muscoli. Un gladiatore sulla via della pensione, ma ancora in grado di muoversi felpato come una pantera”.
Dopo i tre gol realizzati contro la Fiorentina, fioccano i meritati elogi per questo 34enne di Castellammare di Stabia, che si diverte e fa divertire il pubblico blucerchiato di Marassi. Fabio ha trafitto tre volte gli avversari ricorrendo all’esperienza e alla precisione. Un “gladiatore” che mentre il nemico avanzava timoroso, si posizionava alle sue spalle e colpiva.
In chiave mental coaching, ci chiediamo: come dovrebbe funzionare la mente di un campione “over 30”? Se uno guarda solo all’anagrafe, la sua età sembrerebbe preludere alla fase calante della carriera: un declino fisico a cui in genere segue un calo delle prestazioni, fino all’inevitabile ritiro. Questo accade normalmente ai calciatori. Ma non a tutti. Non di certo a chi continua a coltivare e sostenere la propria relazione mente-corpo.
Da un lato, basta vedere i campionati in tutta Europa, alcuni giocatori mantengono un rendimento costante, nonostante l’età che avanza. Una cerchia più ristretta, invece, ha addirittura capovolto il normale corso degli eventi: migliorarsi dopo i trent’anni. È probabile che il “Quaglia”, come lo chiamano i suoi fan, appartenga a quest’ultima combriccola: la tripletta di qualche giorno fa lo ha portato infatti a 15 marcature complessive nel 2017-18, suo record assoluto! Una volta entrato fra gli over 30, è diventato pressoché implacabile, raggiungendo la doppia cifra di gol in tre stagioni su quattro.
Fin qui i numeri. Poi nel suo caso è utile analizzarne l’aspetto comportamentale, dietro al quale ci sono – come ben sappiamo – una fisiologia efficace, un dialogo interno produttivo e una capacità di focus implacabile. In campo Fabio si diverte e fa divertire il pubblico di Marassi: e questo non è così scontato. La gente che va allo stadio per rilassarsi dalla settimana lavorativa (e favorire una sorta di ricambio delle tossine), applaude l’entusiasmo di Quagliarella e il suo stile da vero professionista.
Ecco, professionista. Questa è un’altra parola chiave per identificare l’approccio mentale e le sue credenze legate all’identità. Al di là delle doti tecniche ed agonistiche, Fabio si impegna a essere soprattutto un esempio di professionalità e dedizione per tutti, in un mondo dove spesso si guadagnano copertine più per altri comportamenti che non per gesti tecnici inerenti al rettangolo verde. Ha cambiato molte squadre e città, ma in ognuna ha lasciato un buon ricordo. E questo, ripetiamo, lo contraddistingue in senso positivo.
“Non c’è un segreto vero e proprio – ha spiegato Quagliarella qualche sera fa in un’intervista televisiva – solo l’amore per questo lavoro, il volersi sempre migliorare anche a quasi 35 anni. Con me stesso sono molto critico. E anche se introverso, mi piace essere leader in campo con il mio esempio e la mia professionalità, cercare di trasmettere queste cose ai più giovani“.
Intenso è anche il rapporto che Quagliarella ha con gli allenatori. “Giampaolo? Quando facciamo ciò che ci chiede, ci divertiamo in campo e i risultati si vedono”. Ancora una volta il divertimento al centro del percorso.