Calcio

Zoff e Donnarumma, quanto conta la testa?

By 2 Marzo 2017Maggio 20th, 2019No Comments

Si raccontano molte storie intorno alla figura del portiere di calcio. Alcuni allenatori definiscono i portieri come dei “matti”, persone un po’ fuori dalle righe, di certo esibizionisti, con una libertà di azione fisica molto superiore a quella dei compagni. Sono atleti che non esitano a tuffarsi sul terreno volando senza indugio per molti metri, a lanciarsi tra le gambe degli attaccanti, a opporre il proprio corpo per impedire a palloni-siluro di perforare la rete dietro di loro. Gente con un discreto fegato!

È sicuramente vero che i portieri vivono l’agonismo della gara in maniera diversa dal resto della squadra, perché sono confinati a difesa della porta (è raro che un portiere si avventuri in giro per il campo), costretti per lunghi periodi a osservare il gioco, aspettando che il pallone finisca dalle proprie parti. È’ in quei momenti, di apparente inattività, che un Buffon o un Donnarumma devono restare lucidi e sempre pronti al cambiamento repentino. È’ lì che si vede la differenza tra un grande “numero uno” che sa farsi trovare pronto e concentrato “a freddo”, restando focalizzato su tutte le possibili variabili di azione, e un portiere inesperto che invece sottovaluta i momenti “morti” e inizia a divagare con la mente e a pensare troppo in negativo. Aumentando così la probabilità di commettere errori.

Paradossalmente, il portiere ottiene le performance migliori quando la porta è sotto assedio e lui si carica, si esalta, continuando a parare in sequenza perché entra in uno stato cosiddetto caldo. Quando parliamo di “stato di Flow”, intendiamo proprio questo: quel momento in cui un atleta diventa “inconsapevolmente capace”, che è la scala più alta del saper fare. Nel Flow tutto gira per il verso giusto, al punto che se il mental coach chiede al portiere “Cosa pensi in queste situazioni?”, lui gli risponderà: “A niente…. Faccio senza bisogno di pensare!”

Un bravo mental coach che si impegna a lavorare con un portiere, insiste molto sulle sessioni dedicate al dialogo interno, proprio perché sa che l’estremo difensore è potenzialmente il più vulnerabile a scaricare energia in modo improduttivo. Vorrei citare non a caso uno dei “mostri sacri” di questa professione, ovvero l’eterno Dino Zoff, ex portiere della Nazionale, della Juventus, del Napoli e di altre squadre nelle quali ha militato a inizio carriera. Zoff, che tutti noi “diversamente giovani” ricordiamo per aver alzato al cielo di Madrid la Coppa del Mondo nel lontano 1982, ha da poco compiuto 75 anni! Nelle interviste rilasciate in queste ore, il campione friulano racconta diverse cose interessanti, che ci fanno capire come il mestiere del portiere sia profondamente cambiato da quei decenni.

Ai tempi di Zoff, Albertosi – e poi Pagliuca, Zenga e tutti gli altri – il gioco era molto più lento, non c’erano venti telecamere a bordo campo e il portiere poteva raccogliere il pallone con le mani anche dal retropassaggio di un proprio compagno. Tutto era più calibrato, perfino la palla era più pesante e prevedibile, raramente prendeva traiettorie impreviste. Zoff, che si auto-racconta come un perfezionista, dimostrando un’identità molto severa, spiega di aver fatto molte volte appello ai propri valori, al senso di professionalità e alla dignità che quel mondo contadino in cui era nato gli aveva trasmesso. “Amo le tradizioni come Wimbledon” ha spiegato ai microfoni, facendo sottintendere che quel mondo romantico e passionale è forse finito per sempre.

A Donnarumma, possibile futuro erede di Buffon (anche lui ha compiuto gli anni di recente, ma soltanto…18!!), Zoff dedica parole positive, indicandolo come un ragazzo umile, che usa bene sia la testa che il cuore. “Gli auguro di lavorare sempre sulla tecnica – spiega Zoff – perché vedo molti portieri che sentendosi arrivati non lo fanno più”. Gli sport mental coach dei portieri sanno che oggi molti attrezzi del mestiere sono cambiati, come ad esempio le scarpe e i palloni.

Nel calcio del terzo millennio la velocità del pallone è micidiale e i tempi di reazione sono sempre più corti. Una delle differenze su cui deve lavorare un giovane portiere come Donnarumma è proprio questa, perché a causa dell’età è meno allenato e abituato a parare tiri velocissimi scoccati dai professionisti: nelle giovanili infatti la potenza esplosiva è decisamente inferiore.

In sintesi, possiamo affermare che quello del portiere è un ruolo di grande responsabilità, simile a quello dell’allenatore (che spesso difende la squadra di fronte ai media) o del bomber da cui ci si aspettano sempre valanghe di gol. Il numero uno è sempre sotto i riflettori perché ogni errore importante vale un gol e potrebbe segnare una sconfitta! Se ci pensate bene, l’imprecisione di un centrocampista che sbaglia due stop macroscopici può “passare in cavalleria”, ma una papera del portiere, 99 volte su 100, si trasforma in rete per gli avversari. Oltre a questo, le responsabilità soprattutto fra i giovani vengono amplificate dai commenti del tipo “Abbiamo perso per colpa del portiere”, mentre è più difficile sentir dire abbiamo perso per colpa del centrocampista…

I portieri – lo diciamo per i mental coach – svolgono il ruolo più difficile dal punto di vista mentale. Per questo danno grande soddisfazione perché sono dei leader della loro area, devono maturare quella credenza di potere assoluto a difesa totale del territorio. Vedono la difesa da dietro e quindi urlano come dei registi, aiutando i compagni nei movimenti e nella visione periferica di tutto ciò che accade. Acquisendo coraggio e tempismo, possono (anzi, devono) uscire in mezzo alle teste avversarie, lanciandosi come delle saette e abbandonando per qualche istante la “casa”, la zona di comfort intorno alla quale hanno eretto il loro fortino.

È divertente e stimolante lavorare con i portieri, ma fare coaching con loro è molto delicato: il loro equilibrio mentale va continuamente rafforzato, la tensione va gestita (in una gara importante, arrivano a perdere diversi chili per colpa della tensione), l’automatismo fra lo scoccare del tiro e il tuffarsi verso la palla va registrato con grande precisione. Donnarumma, molto giovane ma decisamente abile nell’uso della mente, si sta conquistando uno spazio sempre più importante. Zoff ha fatto la storia di questo mestiere, e guarderà con nostalgia i giovani portieri volare sull’erba appena tagliata. Ricordandosi i tempi nei quali la schiena era ancora un fascio di muscoli e le caviglie molle elastiche da super-eroi!

Alessandro Dattilo

Alessandro Dattilo

Giornalista, storyteller, blogger, formatore, ghostwriter. Aiuta aziende e professionisti a raccontare la loro storia, a trasferirla sul web, a farla diventare un libro. Tiene seminari su Brand Journalism e Scrittura Efficace per il Business. Oggi è Senior Content Manager per Roberto Re Leadership School e Stand Out – The Personal Branding Company e docente del programma HRD – Da Manager a Leader. Fondatore di TorinoStorytelling e RomaStorytelling, ha scritto e parlato per quotidiani nazionali, network radiofonici e tv locali. Sul web ha lavorato come consulente editoriale e content manager per il Gruppo Enel, Ferrovie dello Stato, Treccani, Ferpi, Fastweb, Reale Mutua, Comin & Partners e molti altri. Per Mondadori ha pubblicato nel 2014 il libro "Scrittura Vincente", una guida pratica su come usare la parola scritta per raggiungere più facilmente i propri obiettivi in campo aziendale, commerciale, professionale.

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