Calcio

Ringhio Gattuso, non solo grinta per il Milan depresso

By 30 Novembre 2017Maggio 15th, 2019No Comments

Una sintesi del Gattuso-pensiero l’ha fatta Gianluca Zambrotta, ex compagno di squadra nel Milan e nella Nazionale campione del mondo nel 2006. “È una persona che non ha paura ed è una dote importante per chi fa questo mestiere. Ma è anche uno che va oltre l’aspetto motivazionale e del saper tirar fuori qualcosa in più da chi allena. Abbiamo fatto insieme il corso a Coverciano e quello di Uefa Pro, vi assicuro che è preparato anche a livello tattico, lui come il suo staff”.

In queste ore, da quando cioè ha sostituito sulla panchina del Milan Vincenzo Montella, Gennaro Ivan Gattuso – 39 anni da Corigliano Calabro – si sta ritagliando una presenza scenica molto ben definita. È stato chiamato dalla dirigenza milanista come l’uomo che, in questa maledetta storia di grigiore rossonero, deve risollevare le sorti del glorioso club in grado di ottenere successi in tutto il mondo. Ora poi che Berlusconi ha ripreso parte della scena politica, il Milan non può assolutamente restare un passo indietro. È una questione di reputazione, di immagine di un’intera comunità di sportivi. Il problema però è la squadra. O meglio, le teste di chi scende in campo ogni settimana senza cavare ragni dal buco.

Un mental coach sportivo che osserva tutto ciò da fuori, può iniziare a fare qualche generica considerazione sulla vicenda, specialmente analizzando ciò che Gattuso ha detto in occasione della prima conferenza stampa di presentazione. Partiamo dall’etichetta che contraddistingue il nostro uomo: Gattuso, detto Ringhio.

Il suo tratto distintivo, in campo così come in panchina, è la grinta, la capacità di ringhiare addosso agli avversari per intimorirli (in senso agonistico), l’abilità mentale a “non mollare mai”. Un qualsiasi giocatore del Milan, passando dalla gestione Montella a quella di Gattuso, sa bene che rispetto a prima non dovrà farsi trovare impreparato: nella graduatoria dei valori per cui battersi, la motivazione alla sfida sale repentinamente al primo posto.

Gattuso è un guerriero e ha costruito tutta la sua carriera intorno a questa caratteristica. Ciò non significa però che un guerriero, acquisendo esperienza e leadership, continui a trascorrere gli anni combattendo sempre nello stesso modo e con le stesse armi. Con il tempo matura altri risvolti, come le doti tecniche, la saggezza tattica e l’attitudine a leggere il futuro di una squadra sapendo guardare nel medio-lungo periodo. Come ha fatto Sacchi e come ha saputo fare Capello.

Ringhio ha confessato di aver sentito al telefono diversi allenatori ed ex tecnici più anziani di lui, persone che lo conoscono e di cui lui si fida in amicizia. Tutti in pratica gli hanno consigliato di “picchiare duro” come lui sa fare, di scuotere la squadra sotto il profilo delle leve motivazionali. Lui ha ascoltato tutti, ha ringraziato, ma saggiamente ha fatto la sua scelta, leggermente diversa. Ha detto ai giornalisti “Io non sono solo quella cosa lì. Non sono sempre e solo Ringhio che legge le partite sotto il profilo della rabbia, della grinta e del cuore. Ora sono anche altro”.

Se lo ha detto vuol dire che ci crede, che si vede così. E se saprà dimostrarlo, la squadra riuscirà a decollare. Perché la grinta come leva per ottenere risultati serve a coloro che sono più strutturati, ai guerrieri come lui che in quella chiave possono tirare fuori qualche nuovo barlume di furia agonistica. Ma per chi invece è più fragile, per quei calciatori più giovani, magari mentalmente impreparati ad allenarsi con un mister sempre e solo cazzuto e battagliero, serviranno parole diverse e pazienza, strategie di responsabilità e fiducia nel sentirsi liberi di camminare in campo.

Per Gattuso questa impresa rappresenta un pezzo nobile della sua storia, una sfida a far vedere che genere di traccia saprà lasciare al mondo dello sport. Scommetterà sulla determinazione di leader alla Bonucci – che immaginiamo trarrà linfa da questo cambio di panchina – e sulla voglia di riscatto di altri talenti incompleti come Suso, Kessie, Cutrone. Farà da parafulmine alle critiche, come fa magistralmente Mourinho e in parte Spalletti, per attirare su di sé l’opinione mediatica e lasciare i suoi ragazzi scarichi di responsabilità.

Soprattutto, in chiave coaching, ribadirà ciò che ha detto in conferenza. Che lui non è un tappabuchi né un traghettatore e che dunque la sua è una visione a lungo periodo. Che parlerà chiaro a tutti, senza giri di parole, dicendo pane al pane e vino al vino (e che nessuno faccia il permaloso). Che porta in dote un’esperienza non solo di giocatore ma anche di allenatore, con più di 100 gare in panchina sul curriculum. Che a Coverciano il patentino di tecnico non gliel’hanno regalato, ma ha dovuto sudarselo come qualsiasi altra cosa nella sua carriera. E che dunque non è venuto solo per fare un’iniezione di rabbia alla squadra, ma per riportare negli spogliatoi un ingrediente di successo tipico fin dai tempi del presidente Berlusconi: il DNA milanista.

Avete presente gli occhi di capitan Maldini, la leadership di Baresi, la determinazione di Pippo Inzaghi, la sicurezza di Boban, l’entusiasmo di Shevchenko e la classe di Nesta? Ecco, Gattuso è portavoce di questo patrimonio, di una storia dove tutto l’ambiente rema nella stessa direzione, dove ognuno è pronto a buttarsi nel fuoco per i compagni e per l’allenatore. Regole, appartenenza, disciplina, sacrificio. E non accettazione della sconfitta, se non come estrema ratio che causerà comunque – parola di Ringhio – “un dolore pari a un funerale”.

Ecco dunque la mission annunciata dal nuovo mister a Milanello: “La partita con il Benevento sarà come una finale di Coppa del Mondo”. Lo dicono in tanti, forse anche Montella l’avrà detto. Ma con il tono di voce e lo sguardo di Gattuso, di uno che il Mondiale l’ha vinto davvero sputando l’anima fino all’ultimo minuto, quella frase suona in maniera del tutto diversa. Massicciamente diversa.

Alessandro Dattilo

Alessandro Dattilo

Giornalista, storyteller, blogger, formatore, ghostwriter. Aiuta aziende e professionisti a raccontare la loro storia, a trasferirla sul web, a farla diventare un libro. Tiene seminari su Brand Journalism e Scrittura Efficace per il Business. Oggi è Senior Content Manager per Roberto Re Leadership School e Stand Out – The Personal Branding Company e docente del programma HRD – Da Manager a Leader. Fondatore di TorinoStorytelling e RomaStorytelling, ha scritto e parlato per quotidiani nazionali, network radiofonici e tv locali. Sul web ha lavorato come consulente editoriale e content manager per il Gruppo Enel, Ferrovie dello Stato, Treccani, Ferpi, Fastweb, Reale Mutua, Comin & Partners e molti altri. Per Mondadori ha pubblicato nel 2014 il libro "Scrittura Vincente", una guida pratica su come usare la parola scritta per raggiungere più facilmente i propri obiettivi in campo aziendale, commerciale, professionale.

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