
Per una Lazio depressa ai massimi livelli, ci voleva un angelo custode. Di nome e di fatto. Angelo Peruzzi è stato in queste ore richiamato dalla società biancoceleste ufficialmente per svolgere il ruolo di club manager – una figura di raccordo fra società e squadra, così come tra club e tifosi – ma in realtà per fare da coach-motivatore a uno spogliatoio e a un ambiente in forte crisi d’identità.
In fin dei conti, fra le sue mani di portiere la Lazio si è sentita protetta per sette stagioni. Il “cinghialone” (così Peruzzi era soprannominato dai giornalisti, sia per la sua stazza che per le sue origini viterbesi) a Roma è amatissimo dai tifosi laziali. Nonostante la crisi finanziaria in cui si ritrovò la società, e la fuga di tanti campioni, Peruzzi restò fedele ai colori, riuscendo a vincere anche la Coppa Italia del 2004. Nel 2006 partecipò come terzo portiere ai mondiali vinti dall’Italia in Germania.
Perché – ti chiederai da coach o da sportivo – un personaggio come Peruzzi potrebbe risollevare il morale in casa Lazio? Proviamo per un attimo a immergerci nella storia di un professionista che tanto ha dato ai colori delle diverse formazioni in cui ha militato. Angelo da giocatore ha vinto sfide difficili, battaglie che sono rimaste nell’immaginario della tifoseria: una su tutte quella dell’accusa di doping, che gli costò un anno di squalifica e la chiusura dell’esperienza con la Roma, altra società a cui era particolarmente affezionato. Per un appassionato biancoceleste, ma anche per un giovane calciatore laziale (magari straniero e appena approdato al nostro campionato), conoscere la storia di Peruzzi è un passaggio non trascurabile.
Cacciato via dall’ambiente romanista, è stato di conseguenza ben accolto dalla sponda rivale. Ma soprattutto aver ricominciato a giocare ad alti livelli, nonostante un anno di stop forzato e tutta l’opinione pubblica contraria, è stato un gesto di grande reazione emotiva e coraggio professionale. Peruzzi – tanto per usare un’immagine – è uno tosto, uno silenzioso ma fortemente intenzionato a parlare coi fatti. Così com’è stata tutta la sua carriera, anche in casa Juventus dove ha vinto parecchi titoli, compresa una Champions League.
Il portierone, dunque, è una figura protettiva, non solo per le sue grandi mani come si diceva all’inizio. Ha pazienza, diplomazia, ha imparato da grandi campioni che hanno giocato al suo fianco, compreso Antonio Conte che nella Juve era una sorta di capitano-coach. Peruzzi parla molto bene anche di Gianluca Vialli: “Aveva una forza in grado di trascinarti, di fare gruppo e compattezza che non hanno molti. Con il suo carattere da guascone, e con gli scherzi ripetuti, riusciva sempre a cementare il gruppo!”.
Ecco, Peruzzi avrà il compito di tenere il morale alto nello spogliatoio, facendo però rispettare le regole e senza distrazioni leggere e poco professionali. Dovrà tradurre i desiderata della società (con un presidente difficile come Lotito) verso i giocatori stessi, ma anche verso i tifosi che da tempo hanno abbandonato lo stadio in polemica proprio contro la gestione societaria. Peruzzi dovrà rassicurare i tifosi, con cui magari intavolerà un canale di dialogo per cercare di riaprire una breccia in un muro che pare cementato ormai da tempo.
Una figura insomma da ambasciatore della ragionevolezza, da coach che sa aiutare gli altri a visualizzare obiettivi futuri tenendo però duro nei momenti critici, esattamente come lui ha fatto per molti anni in campo. Un personaggio dalla forte identità, e dall’esempio concreto, autorevole e in grado di farsi ascoltare da più parti. Una sorta di bandiera un po’ alla Zanetti (Inter) e simile a quella che potrebbe diventare Totti a fine carriera, una volta attaccati gli scarpini al chiodo e intrapresa la carriera dirigenziale in accordo con la società giallorossa di James Pallotta.
Sono figure che in un calcio come quello di oggi, veloce e superficiale, dove girano supermiliardi in tasca a ragazzi di vent’anni, aiutano a tenere i piedi per terra. E la mente sgombra da distrazioni che possono portare (vedi Balotelli) a bruciarsi una florida carriera.