
Il termine professione è riduttivo per un soldato del calcio. Come scrive oggi la Gazzetta, Antonio Conte vive la condizione di allenatore come una missione. Questo è lo spirito che la sua squadra ha respirato ieri a Parigi, durante la gara-impresa con cui la nostra Nazionale ha eliminato la Spagna dagli Europei.
Ogni team, nelle aziende come nello sport, ottieni risultati positivi quando riesce a equilibrare le capacità con il sentimento agonistico. Un misto di furore e tecnica, di passione e lavoro pratico. Ma anche di condizione mentale che il coach deve saper infondere.
La lezione che ci sta dando il CT degli Azzurri in queste settimane è chiara e applicabile da qualunque allenatore/coach. Intanto selezionate con cura il vostro team. Fatelo in primis con il cuore, andando per affinità elettive, non tanto di cultura “alta” quanto di cultura valoriale.
Poi, sempre nella selezione, andate invece con il raziocinio per valutare se le vostre prime scelte siano coerenti con il progetto di squadra che avete in mente. Dopodiché ridate voce ai vostri sentimenti per stabilire delle gerarchie, come in ogni comunità: i fedelissimi, i tenaci, i creativi, gli outsider e così via.
Al momento della presentazione del progetto – così come quando Conte si è riunito a Coverciano con la squadra – non abbiate timore di spiegare in dettaglio i vostri obiettivi e le risorse con le quali intendete raggiungerli. Non è necessario associare subito i nomi ai ruoli, questo Conte di solito lo lascia in sospeso fino al momento in cui decide di passare ai colloqui singoli, per sondare umori, risposte razionali ed eventuali obiezioni alle sue idee.
Dopodiché – stabilito bene chi-fa-cosa e soprattutto perché ognuno va a fare quello che lui chiede – si passa alla fase “massiva”. Allenamenti, tattiche, video, movimenti, risposte ai momenti di crisi. Nulla viene lasciato al caso, tutto viene previsto, nel bene e nel male.
Conte ha poi un carisma forte naturale, non dà troppa confidenza neppure ai “senatori”, tiene tutti sulla corda perché sa che il rilassamento è il peggior nemico dei risultati, specie quando non hai in squadra dei fenomeni come Maradona o Platini che ti risolvevano le partire senza neppure allenarsi in settimana.
Conte in sintesi è un vero coach. È uno che ti prende da “zero”, anche se negli ultimi mesi hai giocato male ed eri fuori forma. Con lui ti tornano a galla energie nascoste che non pensavi più di possedere. Quando capisci che seguire i suoi schemi funziona, allora la tua autostima cresce e di conseguenza le gambe corrono e la mente resta lucida, con lo sguardo alto.
Conte parte dai tuoi valori personali, ti ricorda chi sei e da dove sei partito. Poi ti aiuta a visualizzare la tua Visione, che guarda caso coinciderà con quella di tutto il gruppo (e con la sua). Poi ti spiegherà fino alla nausea qual è il percorso da compiere, quali sono i punti di forza e i limiti con sorprese dietro l’angolo.
Quando la tua linea del tempo sarà completa, quando avrai introiettato il sentimento giusto per percorrere insieme a lui quella strada – sapendo che lui non ti mollerà sul più bello, anzi sarà sempre lì ad incitarti per farti rialzare nei momenti di difficoltà – allora ti sentirai leggero, senza paure, libero di volare.
Questo è lo sport, questo è un nuovo tipo di calcio. Come scrive oggi Mario Sconcerti sul Corriere della Sera, la bellezza di questa Italia sta proprio nell’ubbidienza ai propri limiti, nel continuare a crescere, nel provare ogni volta a trovarsi diversa, sempre più coraggiosa nelle idee.
Antonio Conte è un grande coach. Un grande uomo di cui già sentiamo la mancanza sulla futura panchina della Nazionale.