
Per molti calciatori la prima giocata è una specie di incubo, un punto interrogativo con cui venire a patti ogni volta che si scende in campo. Se va bene, è molto probabile che si entri in stato di grazia e tutto fili lisci; se invece va male, è molto probabile che ci si abbatta e si entri in un tunnel da cui si esce soltanto con il fischio finale dell’arbitro.
Seguo da qualche mese un calciatore con piedi buonissimi, visione di gioco e un gran tiro. Si chiama M.T., è un play basso, gioca in Lega Pro ma fino a due anni fa calcava i palcoscenici della Serie B. Il ragazzo ha un limite su cui stiamo cercando di lavorare; appunto la prima giocata. Il problema si è aggravato all’inizio dell’anno, quando a causa di un errato disimpegno a inizio partita ha innescato il contropiede avversario determinando il gol degli avversari. E’ a quel punto che decise di chiamarmi e di affrontare una volta per tutte quello che lui stesso definiva “il dramma della prima giocata”. Perché la prima giocata fa cosi paura? Come affrontarla?
La prima giocata può condizionare il resto della partita se hai poca stima di te e se, travolto dall’onda dei pensieri negativi, dimentichi quello che sei, quello che hai imparato e sai fare; può condizionare il resto della partita se in quel momento dimentichi che da anni giochi a calcio tutti i giorni e sei lì proprio perché tante volte hai dimostrato qualità e risorse.
Questo sentimento di scoraggiamento è collegato con la tua idea di te stesso. La prima giocata può trascinarti in un vortice negativo perché attiva pensieri che si mettono a fare la guerra al tuo corpo rendendolo meno tonico. («Sono un brocco», «Me lo sentivo che oggi andava male» ecc.). Attraverso il cervello, gli stati d’animo danno ordini alle gambe, agli occhi, ai polmoni. È questo il momento di fare marcia indietro, essere lucidi e capire che il vero avversario non è l’altra squadra, non è il tuo allenatore, ma i pensieri venuti a farti visita.
Come fare, allora? Innanzitutto scegliere una giocata semplice, utile a rompere il ghiaccio: un passaggio laterale, una palla dietro. Ciò che conta è prendere confidenza con ambiente e partita; avventurarsi subito in un dribbling o cercare un lancio di quaranta metri non fanno altro che aumentare la possibilità di errore e di ritrovarsi con il morale fiaccato già a inizio partita (la soluzione della “palla semplice” vale non solo per la prima giocata, ma per tutte le volte in cui si è reduci da un errore: hai sbagliato uno stop clamoroso? Gioca facile la palla successiva, non volerti riscattare subito con un colpo sopra le righe).
Mettiti al lavoro per realizzare il tuo compito (giocare come sai) eliminando ogni scusa che troverà la tua mente alla prima palla sbagliata.
Avere autostima vuole dire imparare a non dimenticarsi che hai passato la vita a giocare a pallone e quindi ci sai fare; vuole dire imparare a considerare i pensieri negativi che ti assalgono come sciocchezze. Significa imparare a essere adulti, a non dare la colpa a niente, a capire che l’unica cosa importante è chiedersi come fare per cambiare una situazione difficile, subito. I grandi giocatori sono quelli a cui la palla scotta quando non ce l’hanno tra i piedi. Hai sbagliato la prima giocata? Devi fremere dal desiderio di riprendere il pallone, devi fremere dal desiderio di rifarti: come facevi in cortile, né più né meno.