
“Ritornare alle gare dopo una squalifica per doping, snervante sotto ogni aspetto, assimilare le tensioni, cercare di far finta di nulla agli attacchi a te rivolti, allenarsi da solo, non avere punti di riferimento con avversari, tornare al via con gli occhi del mondo addosso e poi gareggiare in solitaria 25 km, fanno parte della maturazione dello Schwazer in versione 3.0.”
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Che cosa diceva il dialogo interno di Alex Schwazer in quel 30 Luglio 2012, quando si trovava in Germania, a casa della compagna Carolina Kostner?
Quel giorno, quando suona il campanello, Alex dice a Carolina: “Se sono quelli dell’antidoping non aprire, per favore. Ho dato la reperibilità a Bolzano, mi devono venire a cercare là”.
Una settimana dopo Alex Schwazer, marciatore altoatesino medaglia d’oro Olimpica nel 2008, viene squalificato per doping, dopo essere risultato positivo all’EPO.
A seguire la squalifica, una straziante ammissione di colpe dell’atleta che tra le lacrime davanti ai microfoni, lascia intendere che la sua carriera sarebbe finita lì.
Inizia un duro percorso fatto di polemiche e critiche violente (il suo caso spacca in due il mondo dell’atletica e dello sport in generale), la tormentata relazione con Carolina Kostner finisce in modo brutale (anche lei viene ritenuta colpevole di complicità) e l’atleta cade in depressione.
In questi quattro anni di lui si sa che intraprende un misterioso training con un esperto allenatore, simbolo della lotta all’anti doping (Sandro Donati), in preparazione del ritorno, anche se molti atleti vorrebbero vedere Alex escluso dal mondo dello sport per sempre, rifiutando assolutamente l’idea che possa gareggiare per le Olimpiadi 2016.
La stessa Fidal annuncerà nel marzo del 2015 che l’atleta non potrà in nessun modo essere alle Olimpiadi di Rio.
Arriviamo così al 2016: la squalifica è da poco scaduta e Alex Schwazer torna a gareggiare. L’ultima volta che lo si era visto in marcia era stato nel 2012 a Dudince.
È l’ 8 Maggio e a Roma si tiene una gara per i Mondiali a squadre di marcia. Poco prima della gara di Caracalla Alex dice a un marciatore “Oggi devo vincere”.
Il suo tempo è superiore di soli 3 minuti rispetto a quello che gli aveva regalato la medaglia d’oro nel 2012. Schwazer stravince la gara.
Stracciando il suo avversario diretto più temibile, l’australiano Jared Tallent e strappando un pass per le Olimpiadi di Rio De Janeiro.
Dopo la marcia dichiara: “Non è mai facile tornare alle gare dopo 4 anni, soprattutto su questa distanza. Sono tornato da una cosa brutta. Ho cercato di rimanere concentrato”.
Eppure non ci sono dubbi che al campione italiano è voluta molto di più che la concentrazione per vincere quella gara.
Perché come sempre quando vediamo grandi vittorie, incredibili traguardi, guardiamo solo la punta di un immenso iceberg.
Sui giornali rimane in ombra tutto ciò che sta alle sue spalle dopo quella vittoria a Roma: non solo le strade lastricate di Caracalla, ma anche il percorso di questi ultimi quattro anni.
Il traguardo è sempre il risultato di un processo sempre più o meno lungo, a seconda delle condizioni di partenza.
La marcia verso il successo
Qual è stato il processo che ha portato Alex Schwazer dall’ essere psicologicamente distrutto dai media a rientrare in gara in modo epico per vincere un’altra medaglia d’oro, tutto nel giro di tre anni e nove mesi?
Gli attacchi degli avversari sono adesso figli della paura, non del dissenso.
Quali azioni sono necessarie a un atleta che si deve ricostruire come uomo e come sportivo per lasciarsi alle spalle un’esperienza terribile che ha infangato la sua carriera e tornare a essere il più forte di tutti?
Perché adesso Alex è tornato, ed è “più forte di prima- tecnicamente e mentalmente imperioso: sotto alcuni aspetti mostruoso, per come ha affrontato la sua prima gara dopo ben 1506 giorni dall’ ultima sulla distanza” (il Post).
Da giovane ad Alex Schwazer veniva riconosciuta una forza mentale superiore agli altri coetanei, ciò che è considerata la marcia in più soprattutto nell’ atletica per ottenere risultati migliori degli altri.
Succedeva però che la sua stessa forza mentale diventava dirompente anche in negativo, poiché come sappiamo tutti, lo sportivo dal punto di vista mentale, in Italia è seguito in misura incredibilmente inferiore rispetto a quello fisico.
Lavorare su convinzione dei propri mezzi, dialogo interiore positivo e focus potenziato è stata l’arma che ha portato Alex Schwazer a vincere ancora, a fare quello che invece al tempo un altro grande campione, il Marco Pantani simbolo dello sport italiano, non era riuscito a fare.
Cos hanno in comune i due grandi campioni? Entrambi, ognuno nella propria epoca, è stato considerato lo stendardo, il portavoce dello sport italiano vittorioso, pulito. Entrambi sono diventate icone grazie alle loro vittorie e grazie alla loro personalità.
E per tutti questi motivi il tonfo di entrambi ha fatto molto rumore.
Convinzione nei propri mezzi e insicurezza
Dopo il titolo olimpico di Pechino 2008 la più grande paura di Schwazer era di non riconfermarsi. Di non poter più replicare quel risultato, di non saper reagire nel momento in cui si sarebbe visto passare qualcuno davanti in marcia.
In un’intervista di qualche anno fa diceva di essere sempre alla ricerca della felicità che aveva prima e durante le Olimpiadi dopo aver vinto la medaglia.
I media non aiutano mai ad allentare la pressione, al contrario.
Alex si è sentito, come lui stesso ha ammesso, abbandonato a sé stesso e sovraccaricato di un peso che ha avuto paura di non riuscire a sostenere.
Aumentando l’insicurezza dei propri mezzi, l’unica soluzione sembra dover ricorrere a quelli esterni.
Eppure nelle ultime uscite di Schawzer, nelle interviste tra il 2015 e il 2016, il suo linguaggio è sembrato diverso. Spesso l’abbiamo sentito parlare come “un grande atleta” e nella sua mente è nato il pensiero di “essere un atleta vincente al di là delle medaglie d’oro conquistate, e di esserlo per sé stesso e non per i media o i tifosi”
“Non vinco più perché sono tutti dopati”: il focus
Perché accade questo più facilmente con i marciatori, o i runner?
Per tante ore l’atleta rimane solo, durante la gara. Sono ore in cui nonostante il corpo sia sotto sforzo fisico, la mente vaga.
È successo tutto nella sua mente nel momento in cui l’errore non è stato più un problema suo, ma degli altri che lui stesso ha ammesso credere “sicuramente dopati”.
Così se la responsabilità non è più tua ma dei fattori esterni, il passo successivo è trovare soluzioni al di fuori di te per raggiungere gli obiettivi.
Si potrebbe azzardare a dire che se dopo Pechino Schwazer fosse stato seguito da un preparatore mentale per aiutarlo a spostare il suo focus, forse tutto questo non sarebbe accaduto.
Ci sono momenti in cui non sei più concentrato sull’ obiettivo e sposti il focus sull’ esterno.
Se segui già il training mentale di Sport Power Mind conosci già uno dei suoi concetti chiave: “ciò su cui ci focalizziamo diventa la nostra realtà”
(se hai già acquistato il programma sai già anche come allenare il tuo focus. In caso contrario, se sei interessato a scoprire come si lavora sul focus, ti consiglio di visitare subito questo link )
Pensare di non farcela mentre lo si fa: il dialogo interno
Cosa diceva la voce interiore nella testa di Alex?
Come gli parlava quella voce?Che tono avrà avuto secondo te?
Se per caso avessi dei dubbi, sappi che anche tu possiedi un dialogo interno, che lavora sul tuo inconscio e influenza ciò che fai, perché i tuoi pensieri diventano poi i tuoi comportamenti.
Per dialogo interno si intendono le parole che utilizzi per definire te stesso, le metafore che parlano direttamente alla tua mente inconscia (es. “mi è crollato il mondo addosso”…),e le domande che hanno il potere di spostare l’attenzione e il focus.
Ci sono domande che spostano l’attenzione sul problema, che sono quelle che iniziano con “perché”.
Le altre che ti fanno focalizzare sulla soluzione (“come posso risolvere questo problema?”, “come posso tirar fuori il meglio di me adesso?” ) costituiscono il dialogo interno potenziante.
Le domande che iniziano con “come” tendono a farti accedere alle tue risorse e a farti agire muovendoti verso le soluzioni.
Se ascoltiamo la prima intervista di Schwazer, quella dell’ammissione subito dopo i test nel 2012, ci accorgiamo che il linguaggio usato ai microfoni è decisamente più “depotenziante” rispetto alle ultime interviste.
La forza mentale dell’altoatesino, ritenuta inusuale dal suo allenatore Sandro Damilano per un ragazzo giovane, gli si è ritorta contro nel momento in cui, a 23 anni si è trovato di fronte a un normale momento di flessione dopo le Olimpiadi.
Ciò lo ha portato a “una sottovalutazione e una drammatizzazione di sé stesso assoluta quando i risultati non arrivavano più” (scrive Gianluca Pessone su oasport.it) e ad aver verso di sé un dialogo interno negativo che ha influenzato i suoi risultati. Ovviamente in negativo.
Dialogo interno. Focalizzazione. Convinzione dei propri mezzi.
Questi sono stati gli elementi di svolta nell’allenamento di Alex Schwazer che lo hanno portato in 3 anni e 9 mesi a tornare tra gli atleti più forti della sua categoria, a vincere una 50 km con un tempo quasi uguale a quello della medaglia d’oro del 2008 e a qualificarsi per le prossime Olimpiadi.
A te è mai capitato di avere paura di essere superato?
Anche tu hai conosciuto almeno una volta nella vita la paura di deludere qualcuno?
Hai mai avuto paura di non farcela?